Carles Puigdemont era in Sardegna per partecipare all’Aplec International Adifolk, festival della cultura popolare catalana che comincerà domani. Alghero, luogo dell’appuntamento, non è stata scelta a caso. Alla metà del Trecento la cittadina sarda fu strappata con la forza da Pietro IV d’Aragona alla famiglia genovese dei Doria, di cui era un’importante roccaforte. La popolazione sardo-ligure originaria fu deportata in schiavitù nella penisola iberica e nelle Baleari e sostituita con coloni catalani allettati dai privilegi concessi loro dalla corona d’Aragona. Da quel momento Alghero (l’Alguèr per i suoi abitanti) è diventata un’enclave catalana in territorio sardo. Ancora vi si parla una variante della lingua della Catalogna e l’identità culturale iberica viene custodita e difesa gelosamente.

Ma in Sardegna i movimenti identitari sono presenti non soltanto ad Alghero. E l’arresto di Puigdemont ha avuto un’eco forte in questo universo. Ieri mattina le varie sigle di un arcipelago molto articolato al suo interno si sono ritrovate in un sit-in di protesta organizzato unitariamente, che si è tenuto davanti alla sede del palazzo di giustizia di Sassari. «È successo un fatto gravissimo – ha commentato Stefano Campus, presidente di Omnium Cultural de l’Alguer, una delle associazioni che hanno organizzato il festival al quale era stato invitato Puigdemont -. Continuiamo oggi, anche qui in Sardegna, la lotta contro la repressione avviata nel 2017 dal governo di Madrid». «Lo stato italiano – hanno scritto in una nota Irs, Progres e Torra, tre sigle indipendentiste tra le più radicate – non può assumersi la responsabilità di consegnare un esiliato politico allo stato spagnolo, che ha già ampiamente dimostrato il suo spirito vendicativo e la sua attitudine repressiva nei confronti di espressioni democratiche legittime e pacifiche. Il parlamento europeo e il presidente David Sassoli non possono esporre alla certezza della persecuzione giudiziaria spagnola un parlamentare democraticamente eletto».

Puidgemont aveva un’agenda d’incontri in Sardegna che prevedeva, per oggi, un tête-à-tête, sempre ad Alghero, con il presidente della giunta regionale sarda Christian Solinas, ex senatore eletto nelle politiche del 2018 in un collegio lombardo nelle liste della Lega di Matteo Salvini e segretario del Partito sardo d’azione (Psd’az), che nel suo programma dichiara apertamente l’obiettivo di fare della Sardegna un’entità statuale indipendente. Domani, poi, da Alghero Puigdemont si sarebbe spostato a Oristano, dove avrebbe dovuto incontrare i sindaci sardi di area indipendentista riuniti in un’organizzazione che si chiama Sa corona de logu. «Un’occasione – hanno spiegato gli organizzatori – per verificare il cammino di autodeterminazione dei popoli sardo e catalano». L’incontro, a porte chiuse, prevedeva la partecipazione di rappresentanti dei principali movimenti indipendentisti isolani.

A proposito dell’arresto di Puigdemont, in una nota il presidente del Psd’az, Antonio Moro, ha parlato di «antistorico centralismo che auspichiamo possa essere spazzato via». A illuminare di una luce quasi comica le parole di Moro, ecco la dichiarazione rilasciata da Carlo Fidanza, capo delegazione al parlamento europeo di Fratelli d’Italia, partito ultranazionalista insieme al quale il Psd’az, con la giunta Solinas, governa la Sardegna: «Com’è noto crediamo nell’unità degli stati nazionali e siamo contro il secessionismo, in Spagna come in Italia. Nell’ambito della leale collaborazione tra i sistemi giudiziari e di polizia, l’arresto di Puigdemont è stato un atto dovuto».