Lale e le sue sorelle
Al cinema Nelle sale «Mustang» di Deniz Gamze Erguven passato a Cannes nella Quinzaine. La repressione delle donne come specchio del Paese Candidato per la Francia agli Oscar
Al cinema Nelle sale «Mustang» di Deniz Gamze Erguven passato a Cannes nella Quinzaine. La repressione delle donne come specchio del Paese Candidato per la Francia agli Oscar
Cinque ragazze intorno alle quali la famiglia, la nonna e l’orribile zio, costruiscono piano piano una prigione. Implacabile e devastante, che le taglia fuori dalla vita, che cancella amici, scuola, passeggiate, luce, scoperta dell’amore. Mustang della regista Deniz Gamze Ergüven era stato uno dei titoli di punta dello scorso Festival di Cannes, nella bella selezione della Quinzaine des Realisateurs, e arriva in sala oggi. Apriamo una parentesi – che è forse un’ossessione ma per me ormai necessaria quando si parla dei film internazionali, tutti e in particolari gli indipendenti come nel caso di questo. Il trailer italiano del film visto in tv ci dice subito quanto la versione doppiata non ne restituisca il ritmo, le atmosfere, il sentimento (le voci delle ragazze suonano completamente falsate). Mi capita sempre più spesso, quando parlo con gli amici, sentirmi chiedere se un certo film davvero mi è piaciuto tanto. Capisco il senso della domanda quando ne vedo la versione italiana che certo non è quel film, è un’altra cosa. Per dare un’idea anche ai nostri lettori da oggi metteremo quando è possibile un doppio trailer sull’edizione digitale, a voi il giudizio (www.ilmanifesto.it).
Torniamo a Mustang, titolo che dice la regista vuole evocare la vitalità delle ragazze, irruente come i cavallini selvaggi con le loro chiome di capelli lunghissimi, e il gusto per la libertà. Lale che è la più piccola e la voce narrante, sguardo scuro profondo e tagliente, e le sue sorelle vivono in un villaggio in cui il tempo appare arcaico: vecchie comari impiccione gelose della loro giovinezza, sguardi torvi degli uomini, repressione e controllo esercitati in nome delle tradizioni secondo le quali le donne sono non altro che merce di scambio per matrimoni combinati. I sogni gli sono negati, al massimo possono occuparsi della casa e fare figli, e crescere e invecchiare inasprendosi come capita alla nonna delle giovani protagoniste (rimaste orfane) guardiana intransigente del «buon costume».
Un giorno di quasi estate Lale, Nur, Selma, Ece, Sonay uscendo da scuola sono corse a giocare sulla spiaggia, nel mar Nero che tocca le rive della cittadina. Una lotta allegra per festeggiare la fine delle lezioni insieme ai compagni di classe maschi, spingendosi per far cadere la coppia avversaria giù nell’acqua. Camicette e gonne della divisa di scuola bagnate, qualche lampo di trasparenza che basta a far impazzire la famiglia, a mobilitare la comunità, a imporre alle più grandi l’umiliazione della visita ginecologica e a tutte la prigionia. La casa, immersa nel verde diventa un carcere di massima sicurezza: niente internet, scuola, libri, amiche e amici. Sbarre alle finestre, corsi di economia domestica, preparazione al matrimonio (combinato), incontri a ripetizione con pretendenti sempre più orribili.
Qualcuna si ribella, qualcun’altra cede, c’è anche chi non ce la fa e decide di morire … Come le «Virgin Suicides» di Sofia Coppola, che molto ricordano nella dolcezza morbida della loro fisicità, e nella complice vicinanza in rivolta che le fa apparire come un corpo indivisibile, le sorelle di Deniz Gamze Ergüven, che vive in Francia – e Mustang è il titolo scelto per rappresentare il cinema francese agli Oscar nella categoria del miglior film straniero – devono combattere l’«età adulta», le convenzioni che comporta e la violenza di una vita che gli è negato scegliere, che altri governano come se fosse cosa loro. L’oscurantismo, religioso o sociale che sia, e i limiti che insieme a loro stringono anche chi accetta passivamente e senza farsi domande, i paladini della censura.
Le donne sono le protagoniste ma la loro condizione riassume quella di tutti, nel caso di un Paese messo sotto chiave da un padre/presidente/padrone quale Erdogan che con le sue azioni (e colpevolmente lasciato fare dal silenzio di comodo di occidentale) sta massacrando le giovani generazioni, le energie più belle, democratiche e inventive della Turchia di oggi, uccise in piazza con bombe del terrore «mirate» o dalle pallottole della polizia. Sono loro i cavalli selvaggi di cui parla Deniz Gamze Ergüven, è il loro desiderio di riprendersi spazi, esistenza, piacere del mondo sempre più negato.
É un film politico Mustang con la forma del racconto mitologico (con la colonna sonora di Warren Ellis) e la potenza magnifica delle sue protagoniste (solo due sono attrici, per le altre era la prima volta), un film sulla giovinezza e sulle sue utopie semplici, sui gesti quotidiani che diventano una sfida così pericolosa da far tremare l’ordine nelle sue fondamenta. Senza arrendersi nemmeno alla paura.
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