Oltre 2200 partecipanti: «Un record», secondo il Direttore generale della Fao José Graziano da Silva, che ha concluso ieri a Roma la seconda Conferenza internazionale sulla nutrizione (Icn2). Le cifre della fame e quelle dell’obesità hanno mostrato il paradosso del mondo globalizzato, diviso tra chi ha troppo e chi ha troppo poco. Tra retorica e impegni concreti hanno sfilato anche principi e principesse, a parlare di bambini senza nome e di troppe armi inviate al posto del pane (anche da quegli stessi paesi venuti a rappresentare). Papa Francesco ha usato la tribuna per fustigare i mercanti del tempio. E ha pronunciato parole forti, riprese dal brasiliano da Silva nella relazione finale: «Non cancellate la solidarietà dal dizionario – ha detto il papa argentino – altrimenti tutto il mondo ne patisce. Gli affamati non chiedono elemosina, ma dignità e diritti, che implicano doveri da parte degli Stati e della società». Un atto d’accusa contro «il mercato che riduce il cibo a merce, a business e ad arma di ricatto» e privatizza il bene comune. Contenuti espressi dal papa anche in occasione dell’Incontro mondiale con i movimenti popolari, più volte richiamato nel corso della Conferenza.

Alla Fao c’erano anche 150 rappresentanti della “società civile” e 100 del settore privato. Gli 83 ministri, i 23 viceministri in rappresentanza di 170 paesi – ha detto da Silva – erano in maggioranza incaricati per l’Agricoltura e pesca o la Salute, ma «la presenza di altri dello Sviluppo, dell’Educazione, della Finanza o della pianificazione, ha mostrato che la nutrizione necessita di un approccio integrale». Questa seconda Conferenza – ha detto ancora il Direttore generale della Fao riassumendo la discussione delle tre Tavole rotonde – «rimarrà nella storia per aver portato la nutrizione al centro della scena pubblica», facendola percepire «come un bene comune e non privato. La sicurezza alimentare e quella nutrizionale – ha aggiunto – sono complementari, due facce stessa medaglia. Quando si parla di nutrizione non si possono distinguere qualità e quantità, perché vanno affrontate in modo congiunto». La Dichiarazione di Roma e il Quadro d’azione adottate dalla Icn 2 sono «espressioni tangibili di questo impegno», ma ora c’è bisogno di «finanziamenti e di fondi adeguati per realizzare e attuare questo Quadro d’azione». I prossimi passi – ha detto ancora da Silva – saranno Expo Milano 2015 e la scadenza degli Obiettivi di sviluppo del millennio, a cui mancano meno di 400 giorni. «È ora di assumere l’impegno fame zero e per una nutrizione adeguata», ha concluso l’ex ministro per la Sicurezza alimentare nel Brasile di Lula.

Dall’impegno all’azione. Un’indicazione già praticata nell’America latina del cambiamento, che ha illustrato cifre e progetti di una nuova cooperazione «sud-sud». E ieri, al termine della conferenza, i rappresentanti diplomatici e politici dei paesi dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, hanno festeggiato i 10 anni dell’Alba scoprendo una targa e spiegando i progressi compiuti. Presente anche il viceministro venezuelano per l’Agricoltura e terra, Alfredo Baldizan, ingegnere agronomo, che ha conversato con il manifesto: «Dieci anni fa – ha ricordato – è stata creata l’Alba da Fidel Castro e Hugo Chavez, che ha poi dato origine a Petrocaribe e ha promosso lo sviluppo della Union de Naciones Suramericanas (Unasur), creando un modello continentale di concepire la cooperazione sud-sud». In questo schema, nel 2008 «abbiamo ideato il Fondo Alba per gli alimenti, che ha finora finanziato 12 progetti pari a 21 milioni di dollari. Alba-Caribe, tra il 2006 e il 2011, ha finanziato 88 progetti per oltre 200 milioni di dollari rivolti a fratelli e sorelle dei Caraibi». Un quadro che ha portato al «Piano di azione per lo sradicamento della fame e della povertà estrema chiamato Hugo Chavez e diretto alla zona Alba-Petrocaribe». Allo stesso modo, la Comunità degli stati latinoamericani e caraibici (Celac), creata nel 2011, «ha sviluppato il Progetto di piano per la sicurezza alimentare e la nutrizione e per la sconfitta della fame 2025, che sarà esaminato a Caracas il 25 novembre per essere sottoposto all’approvazione dei capi di stato della Celac nel 2015».

Una cooperazione sud-sud che si estende «alle nostre sorelle e fratelli africani per migliorare, anche con l’appoggio della Fao, i sistemi di produzione di riso nell’Africa subsahariana e che si estende, attraverso i fondi stanziati dal Venezuela, alla lotta contro il virus dell’Ebola». Ma in Venezuela? I grandi media non fanno che parlare di scarsità di prodotti. «Il socialismo bolivariano che stiamo costruendo ha al centro tre pilastri dello sviluppo sostenibile: economico, sociale e ambientale. La nutrizione è parte fondamentale della politica economica e sociale. Abbiamo avviato una politica agricola integrale, che include la lotta contro il latifondo, abbiamo riscattato oltre 4 milioni di ettari, finanziato l’infrastruttura agricola e agroindustriale attraverso la partecipazione di contadini e contadine, dando priorità a progetti di genere e all’agricoltura famigliare. Dal 1998 a oggi, la produzione è aumentata del 42%. La Mision Alimentacion, creata dal presidente Chavez nel 2003, è un programma che garantisce l’accesso agli alimenti base con sussidi e prezzi regolati. Vi sono 23.000 punti alimentari e 4.000 case che distribuiscono pasti gratis alla popolazione più vulnerabile e un programma di alimentazione quotidiana equilibrata per 4 milioni di scolari. Così, come ha riconosciuto la Fao premiando il presidente Nicolas Maduro nel 2013, abbiamo sconfitto la fame. Oggi il 96,4% dei venezuelani mangia tre volte al giorno o più, ingerendo quotidianamente protenine animali, mentre nel 1990 uno su cinque soffriva la fame. La denutrizione infantile è scesa dall’8% al 3,4%».

E tuttavia, la sovranità alimentare è un approdo lontano, il Venezuela importa ancora gran parte degli alimenti. E poi, con la caduta del prezzo del petrolio, le cose potrebbero peggiorare. «Per me, questa potrebbe essere un’occasione per farla finita con la mentalità estrattivista che poggia sulla rendita petrolifera, e cominciare finalmente a capire il valore della produzione. Quanto al petrolio, custodiamo le più grandi riserve al mondo, e l’interscambio con i paesi di Petrocaribe che producono alimenti, funziona. Comunque, abbiamo fatto già grandi passi avanti, l’anno prossimo esporteremo riso e patate in Russia. Abbiamo progetti definiti. Le grandi imprese agroindustriali devono produrre gli alimenti per gli animali a livello locale, valorizzando quello che abbiamo come piante e foraggio, e disinnescando i monopoli dell’importazione, per esempio della soya. Fidel ci ha insegnato a usare e diffondere la moringa oleifera, che ha anche ottime qualità curative e nutritive e per questo dà noia alle grandi case farmaceutiche. Ma all’inizio ci ha detto: non gridatelo ai quattro venti. Per paura del sabotaggio. Infatti ci hanno bruciato moltissimi ettari, ma la moringa adesso si è diffusa».