L’Alleanza bolivariana per i popoli della Nostra America (Alba) ha respinto compatta le sanzioni degli Usa contro il Venezuela. Il documento finale, prodotto dal vertice straordinario che si è tenuto a Caracas, ha esplicitato le ragioni del sostegno al governo di Nicolas Maduro, definito da Obama «una minaccia straordinaria alla sicurezza degli Stati uniti». L’Alba chiede agli Usa di «astenersi» dall’intervenire negli affari interni degli altri paesi, e invita Obama a riannodare il dialogo. Per questo, propone un «gruppo di facilitatori del nostro emisfero e delle sue istituzioni (Celac, Unasur, Alba-Tcp e Caricom) per alleviare le tensioni e garantire una risoluzione amichevole». Un gruppo subito operativo, coordinato dal ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patiño. I presidenti dell’Alba (Cuba, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua, Dominica, Granada, San Cristobal e Nieves, Saint Vincent e Grenadine, Antigua e Barbuda, Suriname e Santa Lucia) ribadiscono il loro fermo appoggio al Venezuela bolivariano «che non costituisce una minaccia per nessun paese, ma è una nazione solidale che ha dimostrato la sua volontà di cooperazione con i popoli e i governi di tutta la regione, e rappresenta una garanzia per la pace sociale e la stabilità del nostro continente». L’Alba denuncia anche la «feroce campagna mediatica internazionale» tesa a screditare la rivoluzione bolivariana, con l’obiettivo di «creare le condizioni per un intervento sempre più marcato e lontano dalla soluzione pacifica dei contenziosi».

Una campagna che si inserisce nel più generale attacco dei poteri forti contro l’intero campo progressista del Latinoamerica, per cui il blocco regionale esprime il proprio appoggio anche al Brasile di Dilma Rousseff e all’Argentina di Cristina Kirchner. «l’America latina e i Caraibi – dice il documento – sono Zona di pace, uno spazio in cui le nazioni promuovono processi di integrazione e relazioni di amicizia, con l’obbiettivo di perseguire ulteriormente la massima felicità possibile dei nostri popoli» come auspicato dal Libertador Simon Bolivar. L’Alba chiama perciò alla mobilitazione «i movimenti sociali, operai, studenti, contadini, indigeni, donne» affinché spieghino «al mondo e ai popoli della Nostra America che il Venezuela e il governo legittimamente eletto del presidente Nicolas Maduro non sono soli e che una nuova aggressione imperiale avrebbe conseguenze nefaste per la stabilità della regione».

Gli Stati uniti – ha affermato in quella sede il presidente cubano Raul Castro – «devono capire che è impossibile sedurre o comprare Cuba o intimidire il Venezuela. La nostra unità è indistruttibile». E suo fratello Fidel ha inviato per l’occasione una seconda lettera a Maduro, lodandone il coraggio per aver imposto a sua volta sanzioni ai funzionari Usa in base all’effetto di reciprocità. Uno scoglio non da poco nei negoziati in corso tra l’Avana e Washington in vista di un possibile «disgelo». Una questione aperta sul prossimo vertice delle Americhe, che si terrà a Panama il 10 aprile. E mentre molti intellettuali e movimenti invitano i paesi progressisti a disertarlo, il campo legato agli Stati uniti vorrebbe espungere la questione dal summit, mentre la diplomazia dell’Alba e degli altri blocchi regionali solidali col Venezuela spinge per far rientrare il decreto Obama. Un altro segnale di dialogo, potrebbe provenire dall’elezione dell’uruguayano Luis Almagro (Frente Amplio) alla direzione dell’Organizzazione degli stati americani (Osa).

Apparentemente, le sanzioni sono rivolte a un gruppo di funzionari che avrebbero «violato i diritti umani dell’opposizione». I media della destra venezuelana hanno però fornito un lungo elenco già prima che arrivassero le sanzioni e prospettato un disegno ben più ampio, fino all’intervento armato. Alcune clausole contenute nel dispositivo potrebbero aprire la porta a un blocco economico che mira alle attività delle raffinerie venezuelane Cigto in Nordamerica. In modo diretto o indiretto, si potrebbe complicare o impedire anche l’invio di farmaci e alimenti. Diversi opinionisti, tra i quali Ignacio Ramonet, temono uno spostamento del fallimentare blocco Usa contro Cuba sul Venezuela.

Ieri, nel paese, è cominciata la raccolta di firme «Obama ritira subito il decreto», che si propone di raggiungere 10 milioni di adesioni. Una petizione analoga circola già su change.org e per oggi è previsto un twitt mondiale di solidarietà. In Venezuela, tutte le categorie sociali hanno risposto all’appello dell’Alba, a cominciare dagli operai del settore petrolifero. E manifestazioni per chiedere a Obama il ritiro del decreto si stanno svolgendo in diversi continenti. Anche in Siria centinaia di manifestanti hanno sfilato per sostenere il governo bolivariano e, negli Stati uniti, il Bronx – i cui poveri si scaldano con il combustibile erogato gratuitamente dal Venezuela attraverso Cigto – è tornato a innalzare i cartelli pro Maduro.