Nella formazione di una cultura verde o alternativa svolge un ruolo da non sottovalutare il nuovo sapere critico acquisito sull’onda dei movimenti del 1968: dalla medicina alla pedagogia, dall’architettura al diritto, dall’ingegneria all’urbanistica o alla psicologia. La critica radicale al modello di sviluppo espansivo della crescita genera un’attenta e multiforme ricerca e sperimentazione alternativa, alla scoperta di modelli decelerati, decentrati, nonviolenti, comunicativi, antigerarchici, partecipativi di produzione, consumo, convivenza, trasporti, salute, abitazione, cultura, apprendimento, educazione, organizzazione sociale e politica, applicazione della tecnologia e così via. Self-reliance, auto-realizzazione, sussistenza (non mercato), sviluppo qualitativo e multidimensionale, contatto con la natura, cooperatività (e non competizione), valori d’uso (non di scambio) ed una fondamentale auto-limitazione sono tratti caratteristici di una cultura verde che è appena in via di crescita, talvolta addirittura solo in stato nascente».

È un testo di Alexander Langer del 1984, uno dei più tardi tra quelli raccolti nella presente antologia che documenta la nascita di un pensiero e di un soggetto politico verde in Italia, in sintonia con quanto stava accadendo soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, come raccontano qui Fritjof Capra e Charlene Spretnak. Sono materiali in gran parte provenienti dal fondo della Fondazione Feltrinelli, a testimonianza di un precoce interesse, da parte di un ente culturale fra i più prestigiosi nel campo della documentazione e valorizzazione della storia del movimento operaio e della sinistra, per quanto di effervescente e innovativo si stava producendo nel panorama politico e culturale, nel vivo delle società tardo novecentesche.

Langer, infatti, scriveva e agiva, in quel tempo che, ancora tutto dentro al ‘900, si stava però febbrilmente avvicinando non solo alla fine del secolo e del millennio, ma a cambiamenti ben più radicali che un mero volger di calendario, per quanto suggestivo. Di lì a poco, nel 1986, avremmo avuto Chernobyl. In Italia c’era già stata Seveso, nel 1976, e in tutto il mondo, nel 1973, la prima crisi energetica, e prima ancora nel 1972 il Club di Roma, con Aurelio Peccei, aveva pubblicato il Rapporto sui limiti dello sviluppo. Poi l’89, con i grandi rivolgimenti nel mondo socialista e i riverberi globali, e il Summit della Terra a Rio nel ’92, e nel ’99 a Seattle lo scontro sulla globalizzazione – e non sarebbe certo finita là: come cantava Prince in 1999.

ECOLOGISMO E MOVIMENTO OPERAIO. «L’esplodere della questione ambientale aprirà, in Italia e in Europa soprattutto, lo spazio per un polo politico e culturale alternativo. Sarà in quello spazio in formazione che si incroceranno percorsi dalle origini e dai tratti assai diversi ma infine convergenti attorno alla centralità che tendono ad attribuire alla questione ambientale, all’ecologia che, da disciplina scientifica, comincia ad assumere anche uno spiccato carattere politico, a diventare ecologismo.

(…) Figure come Laura Conti (1921-1993) e Giulio Maccacaro (1924 -1977), per le loro competenze e per la loro passione politica e ideale e per la loro lungimiranza diventeranno un punto di riferimento di quel campo in formazione. (…)

Strategico e, in realtà, rimasto a lungo irrisolto, fin dai primi passi del movimento verde, è il rapporto con il movimento operaio e più in generale con il mondo dell’industria. Qui viene proposta una importante riflessione storica e politica, con un forte contenuto programmatico, da agenda di lavoro, di Giulio Alfredo Maccacaro. Medico, biologo e biometrista, partigiano e fondatore di Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute, che si costituisce, nel 1976, proprio sulla base del documento qui raccolto la cui analisi della situazione individua i punti nevralgici: “un deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia e delle masse popolari, attraverso la perdita di potere d’acquisto dei salari, la precarietà dell’occupazione» insieme alla «insufficienza della casa, l’impoverimento della vita; un obiettivo decadimento di salute attraverso la intensificazione dello sfruttamento, la diffusione del lavoro nero, il conseguente incremento della nocività, il deterioramento delle strutture socio-sanitarie».

Non si parla di centralità dell’ambiente o, espressamente, di ecologia politica. Le questioni individuate, tuttavia, esprimono proprio tutto questo, dettagliato in singoli temi e obiettivi che disegnano un versante coerente di impegno. Maccacaro e Medicina Democratica lo individuano da dentro l’esperienza storica del movimento operaio, ma ne colgono i termini nuovi e anche i nuovi percorsi di molti soggetti attivi, che vengono in prevalenza dal ’68 studentesco e dal ’69 operaio, dall’esperienza dei consigli di fabbrica, ma anche dei comitati di quartiere e dal modo alternativo di vivere le proprie discipline e professioni da parte degli ex studenti divenuti ricercatori, scienziati, docenti, professionisti in vari campi e categorie.
Maccacaro ne è ben consapevole: «La gestazione del nostro movimento è più lunga e complessa, se ne possono rintracciare antecedenti e premesse su un arco di tempo assai lungo; ma certamente non è scorretto ritenere decisive e significative le lotte studentesche e operaie degli ultimi anni Sessanta e dei successivi. Da allora sono venuti maturando e affrontandosi due processi di enorme portata e di opposto segno: la medicalizzazione della politica e la politicizzazione della medicina: la prima come scelta della classe del capitale, la seconda come scelta della classe del lavoro».

VERDI, SCIENZA, FEMMINISMO. Di quella stagione costituente del soggetto verde, in continua relazione con analoghe esperienze europee, a partire dai Grunen, resta l’eredità – non sempre ben compresa e non sempre abbastanza valorizzata – di una forte connessione tra agire politico e conoscenza, ricerca della competenza. L’idea dell’ecologia come scienza interdisciplinare e come base necessaria per un agire politico autenticamente diverso. (…)

Anche la storia dei rapporti tra ecologia politica e femminismo è caratterizzata da un confronto costante, a volte strenuo, che registra a tratti allontanamenti e ad altri riavvicinamenti, ma che conserva una tensione comune ad andare alla radice, allo «spacco alla radice» (Adrienne Rich) e ai percorsi che portano fino a oggi, lungo una ricerca e attraverso pratiche che disegnano un grande ramificarsi, dalle madri dell’ecologia, come appunto Rachel Carson e Laura Conti, o alla più giovane Charlene Spretnak, qui presenti, fino alle molte, moltissime protagoniste del pensiero e dell’azione ecologista (e appunto femminista, o ecofemminista) di questi decenni.

Era un’alba di intense passioni, di inquietudini, forse di meno lucide analisi e proposte, in cui muoveva i primi passi l’ecologia politica militante.