Si ricomincia. Appena il tempo di mettere fine alla caso della nave Gregoretti della Guardia costiera che subito Matteo Salvini apre un nuovo fronte. Nel mirino del ministro dell’Interno questa volta finisce la nave Alan Kurdi della ong tedesca Sea Eye che ieri mattina è intervenuta in soccorso di un gommone con 40 migranti in difficoltà al largo delle coste libiche. La reazione del leghista, che già da qualche giorno seguiva gli spostamenti della nave, non si è fatta attendere: «Se la ong ha davvero a cuore la salute degli immigrati può far rotta verso la Tunisia: se invece pensa di venire in Italia come se niente fosse ha sbagliato ministro», ha commentato subito il responsabile del Viminale informando di aver firmato il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane. E riaprendo così l’ennesimo braccio di ferro buono solo per una campagna elettorale senza fine.

L’operazione di soccorso è avvenuta ieri mattina a 55 miglia dalla coste libiche, quindi in piene acque internazionali dove le navi delle ong possono navigare e intervenire in caso di bisogno. Come è avvenuto ieri. Tra i migranti tratti in salvo anche due donne, una delle quali incinta, un neonato e due bambini. I migranti – provenienti da Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana, Mali, Congo e Camerun – hanno detto di essere salpati la notte scorsa da Tajoura, a est di Tripoli, la stessa città nella quale solo qualche settimana fa un bombardamento ha causato la morte di 50 migrati detenuti in un centro gestito dalle milizie legate al premier libico al Serraj. «Tutti sono stati assistiti una volta a bordo» ha spiegato il portavoce della ong, Gordon Isler. «Chiederemo alle autorità competenti di assegnarci un porto sicuro. Geograficamente quello di Lampedusa è il più vicino».

Esclusa la possibilità che la nave possa dirigersi verso la Tunisia, come vorrebbe Salvini, visto che il Paese ha più volte dichiarato in passato di non poter accogliere migranti né di averne l’intenzione. Inevitabile, a questo punto, che si ricominci con le solite scene di migranti tenuti bloccati in mezzo al mare almeno fino a quando qualche procura non deciderà di intervenire. «Vedremo cosa accade nelle prossime ore», è l’unico commento che ieri sera il portavoce di Sea Eye si è sentito di fare.

Intanto mentre in Italia la politica dei porti chiusi fa guadagnare consensi alla Lega, in Germania anche chi fino a ieri sosteneva la linea dura verso i migranti ora sta lentamente cambiando idea. E’ il caso del ministro dell’Interno Horst Seehofer, un falco della Csu che non molto tempo fa minacciava una crisi di governo se la cancelliera Merkel non avesse messo un freno agli ingressi di stranieri nel Paese e che, invece, adesso è insieme al presidente francese Emmanuel Macron tra i politici che spingono maggiormente perché l’Unione europea si doti di un meccanismo transitorio di distribuzione tra gli Stati dei migranti salvati nel Mediterraneo. «Una svolta a 180 gradi» per il quotidiano Muenchner Merkur, condivisa anche dalla Cdu ma che nella Csu sarebbe stata favorita dal cambio della guardia alla presidenza del partito tra lo stesso Seehofer e il governatore della Baviera Markus Soeder. «Annegare nel Mediterraneo è qualcosa che ci commuove tutti», ha detto quest’ultimo ricordando come sia «dovere di ogni cristiano salvare le persone dall’annegamento».

Lo stesso concetto espresso anche da Seehofer, che pochi giorni fa è tornato a chiedere a Salvini di mettere fine alla politica dei porti chiusi evitando che i migranti passino giorni in mare prima di attraccare. Scontata la risposta del leghista: «No amico mio – ha replicato Salvini – non apriamo niente. I porti restano chiusi».