Condannati alla convivenza forzata dal risultato sancito dalle urne: democristiani Verdi e liberali provano a sedersi attorno allo stesso tavolo. Prove tecniche di coalizione, tra programmi elettorali distinti, posizioni politiche distanti e il sondaggio Ard che ieri segnalava il favore del 57% dei tedeschi alla formula «Giamaica» (37% in più di domenica scorsa).

Del resto, sul piatto sembrano essere rimaste due sole alternative: per il 65% degli elettori se fallisce l’opzione nero-gialla-verde si deve tornare a votare, con conseguenze incalcolabili per tutti i partiti.

IL PRIMO SINTOMO del tentativo di trovare la quadra è la probabile elezione dell’ex ministro delle finanze Wolfgang Schäuble a presidente del Bundestag: gode del placet della Cdu, quanto del collega Csu Alexander Dolbrindt, e sarebbe la soluzione ideale per accontentare il leader Fdp Christian Lindner che non vuole il «falco» tra i banchi del governo.

Da qui, forse, il ritrovato ottimismo della cancelliera Angela Merkel, secondo cui la formazione del suo quarto esecutivo è solo questione di tempo: «Troveremo la soluzione certamente entro Natale» assicura «Mutti», regista dell’operazione che si conferma assai più complicata del previsto.

IL LEADER SPD Martin Schulz ieri le ha (ri)chiuso la porta in faccia, additandola come principale causa del disastro della Grande Coalizione: «Non ci alleeremo mai più con lei. È la massima responsabile della nostra sconfitta».

Più o meno ciò che pensa – e dice – Alexander Mitsch, portavoce dell’ala destra dell’Union e capo dei «malpancisti» radunati sotto la corrente dei liberal-conservatori: «Dopo la misera performance di domenica, la Cdu non dovrebbe più essere governata dalla cancelleria federale». Tradotto, significa chiedere a Merkel di rimettere la carica di presidente del partito a favore del responsabile «economico» Jens Spahn.

In parallelo, da Monaco arriva la bordata della Csu, con il ministro delle finanze della Baviera Markus Söder che pretende il limite di 200 mila richiedenti-asilo all’anno come «requisito fondamentale per il via libera all’accordo di programma». Anche se il bersaglio-grosso dei cristiano-sociali, in realtà, è il leader Horst Seehofer, reo di aver bruciato il 10,5% dei consensi nell’ultimo lustro: la peggiore prestazione di sempre della Csu.

A chiederne, senza mezzi termini, la «testa» è il deputato Alexander König: «Abbiamo bisogno di un altro candidato per le elezioni del Land nell’autunno 2018». Il governatore Seehofer fa sapere di non aver pensato «neppure per un secondo» al passo indietro, ma la sola messa in dubbio della leadership per lui è peggio di una doccia fredda.

Ben più del riconteggio dei voti che – alla luce dell’incastro tra prima e seconda preferenza – ha limato ulteriormente i consensi per l’Union, ora scesa a quota 32,9%: il minimo storico dalla fondazione della Bundesrepublik.

BENZINA SUL FUOCO alimentato proprio da König che assicura di non cercare vendetta ma l’uomo vincente: «Non sono interessato a punire il colpevole della disfatta, solo concentrato a individuare chi può essere il miglior candidato alle prossime elezioni», che secondo lui ha il volto del ministro Söder.

La Baviera Infelix si respira anche dal responsabile Csu di Norimberga Jochen Kohler che affida ai social la collera della «base» cristiano-sociale. «Nonostante Herr Seehofer non pensi alle dimissioni, lo facciamo noi per lui». Avviso di sfratto pure dalla sezione Csu della Media Franconia, dove i consiglieri locali schiumano rabbia per l’«esito catastrofico delle urne».

È l’effetto della paura di veder scomparire il terreno sotto casa, il timore che i 101 seggi (su 180) del Parlamento di Monaco possano ridursi, entro pochi mesi, a termini davvero inaccettabili.