Il Serpente – è il soprannome dell’ex leader dell’Uck kosovaro-albanese Hashim Thaqi – è caduto e con lui lo scellerato accordo vaneggiato da Trump per mettere fine alla disputa tra Serbia e Kosovo.

La notizia è arrivata ieri nel pomeriggio. Il presidente dell’ex provincia serba Hashim Thaqi è in volo per Washington. Il Tribunale per speciale per i crimini commessi dall’Esercito di liberazione nazionale (Uck) lo accusa di crimini di guerra e contro l’umanità.

Insieme a lui anche il leader del Partito democratico del Kosovo (Pdk) e suo braccio destro Kadri Veseli, e altre otto persone, «responsabili – recita il comunicato stampa della Corte – di quasi 100 omicidi» oltre che di «una serie di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, inclusi l’uccisione, la sparizione forzata di persone, la persecuzione e la tortura». I crimini – si legge ancora – «riguardano centinaia di vittime tra albanesi kosovari (considerati collaborazionisti ndr), serbi, rom e altre etnie, e includono gli oppositori politici».

Un comunicato stampa durissimo quello pubblicato dalla Corte. Il rinvio a giudizio, si specifica, è stato presentato il 24 aprile, ma la procura ha ritenuto necessario pubblicare l’incriminazione «a causa dei ripetuti tentativi di Thaqi e Veseli di ostacolare e minare il lavoro della Corte».

Nel comunicato poi si fa riferimento a una «campagna segreta» che sarebbe stata condotta dai due per ribaltare la legge che istituisce la Corte e ostacolarne il lavoro per assicurarsi l’impunità. «Con queste azioni, conclude il comunicato, Thaqi e Veseli hanno messo i loro interessi personali dinanzi alle vittime dei loro crimini, allo stato di diritto e a tutto il popolo del Kosovo».

Un epilogo che Thaqi temeva da tempo. Da quando nel 2010 venne pubblicato il rapporto redatto dal senatore svizzero Dick Marty – più volte intervistato su questo da il manifesto – su mandato del Consiglio d’Europa dopo due anni di indagini. Interrogatori, detenzioni, omicidi e, più grave di tutti, espianto e traffico di organi a danno di civili serbi durante e dopo la guerra del Kosovo: sono le accuse del Rapporto.

L’immagine di Thaqi che emerge dal rapporto è ben lontana da quella del guerrigliero che lotta per la liberazione del Kosovo al fianco della Nato che intanto bombardava «umanitariamente». La formazione di cui è a capo, il gruppo di Drenica, trafficava armi, droga, organi.

Un traffico quest’ultimo che passava dalla clinica di Fushe Kruje, la cosiddetta casa gialla, situata in Albania, a 20 km da Tirana. Qui venivano espiantati gli organi dei prigionieri, organi che erano poi rivenduti a cliniche private straniere. Una storia denunciata precedentemente anche da Carla del Ponte, ex procuratore del Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia nel suo libro La caccia – Io e i criminali di guerra.

Alla pubblicazione del rapporto scoppiarono le proteste in Kosovo: l’Uck, organizzazione terroristica divenuta mito fondativo del Kosovo dal 2008 unilateralmente indipendente, non si tocca. Thaqi riesce a farla franca.

Ma sulla scorta di quel rapporto viene prima istituita una task force e dopo la Corte speciale per i crimini commessi dall’Uck. Un tribunale di giudici internazionali ma creato con una legge approvata dal Parlamento del Kosovo e che Thaqi cerca invano di sabotare insieme a Veselj e a Ramush Haradinaj, ex premier dimessosi l’estate scorsa dopo la convocazione anche lui all’Aja.

Che l’ora del verdetto per Thaqi si stesse avvicinando era noto. Il suo nervosismo è emerso con tutta evidenza nell’estate del 2018 per le incessanti le voci di un accordo sullo scambio di territori (e popolazioni) tra Belgrado e Pristina per mettere fine alla disputa tra i due Paesi.

Un accordo che avrebbe consentito a Thaqi di presentarsi come l’uomo della pace e che soprattutto gli avrebbe garantito ancora una volta l’impunità: secondo indiscrezioni, tra i punti dell’accordo ci sarebbe proprio l’amnistia per i crimini di guerra. Il delitto era perfetto: sembravano tutti convergere su questo piano, il presidente serbo Vucic, l’ex alto rappresentante Federica Mogherini, il presidente russo Putin e il suo omologo americano Trump.

Ma l’Ue non aveva fatto i conti con l’opposizione tedesca e Trump aveva sottovalutato la forza del deep state americano e dei suoi interessi in Kosovo. Un errore fatale che potrebbe costare caro a Thaqi. Già, perché l’incriminazione dovrà essere confermata dal giudice preliminare. Un altro passo falso e il Serpente si troverà alla sbarra.