Finalmente il nostro Paese ha un Piano Nazionale di Interventi contro Hiv e Aids.

Il documento, valido per il triennio 2017-2019, è stato recentemente inviato dal Ministero della Salute alla Conferenza Stato-Regioni. Si tratta di un piano innovativo sia per i contenuti, il linguaggio utilizzato e le indicazioni elaborate sia per quanto riguarda il processo di stesura, che ha visto un forte coinvolgimento della società civile italiana. Gli obiettivi aderiscono a quelli indicati dalle principali agenzie internazionali, Unaids, Oms, Ecdc, che puntano a sconfiggere l’Aids entro il 2030 attraverso un drastico calo delle nuove infezioni tra adulti e l’aumento fino alla soglia del 90% del numero delle persone testate e trattate.

Il Piano nazionale Aids/Hiv delinea diverse strategie per raggiungere gli obiettivi indicati: interventi per ridurre il numero delle nuove infezioni, strumenti di prevenzione combinata, accesso al test ed emersione del sommerso, accesso alle cure, mantenimento in cura delle persone con Hiv in trattamento, lotta allo stigma e tutela dei diritti delle persone con Hiv allo scopo di promuovere lo empowerment e il coinvolgimento attivo delle popolazione chiave.

Rispetto agli strumenti individuati, viene analizzata la situazione attuale, si evidenziano le criticità, si definiscono gli obiettivi e i risultati da raggiungere, e infine si indicano alle regioni e agli enti attuatori le proposte e le strade da percorrere per arrivare ad una vera policy sull’Hiv in Italia, capace di coinvolgere la società civile.

Tra le importanti indicazioni contenute nel Piano, ne segnaliamo alcune: sugli strumenti di prevenzione, si sottolineano il ruolo preservativo e l’utilizzo della terapia; per gli interventi verso le popolazioni chiave e vulnerabili, si afferma la validità dell’approccio di riduzione del rischio e del danno e si riconosce l’importanza del coinvolgimento attivo e dell’empowerment delle comunità di riferimento, per rendere efficaci tali strategie; per l’accesso al test Hiv, oltre a potenziare l’offerta più «tradizionale», si propone di incrementare e favorire il modello Cbvct (community-based voluntary counseling and testing) raccomandato fortemente dalle linee guida internazionali.

Tale modello prevede l’utilizzo dei test rapidi in contesti non sanitari quali le sedi delle associazioni, i servizi a bassa soglia, i luoghi di ritrovo e d’aggregazione attraverso il coinvolgimento dei rappresentati delle stesse comunità, adeguatamente formati. Continuare a garantire la gratuità del test e la possibilità di eseguirlo in anonimato è un’altra delle priorità del Piano. Per gli interventi verso i giovani, una novità importante è la proposta di inserire nel curriculum formativo scolastico l’educazione alla salute e alla sessualità, prevenzione compresa, attivando il protagonismo giovanile mediante l’educazione tra pari.

Circa la presa in carico e il mantenimento in cura, il Piano chiede alle strutture sanitarie di dotarsi di strategie e strumenti personalizzati e innovativi sul singolo paziente che favoriscano l’adesione alla cura.

Ora diventa fondamentale la firma del recepimento del Piano da parte della Conferenza Stato-Regioni e il reperimento dei fondi per avviare quanto prima i programmi indicati dal documento.

Altro aspetto su cui vigilare è sicuramente quello degli adeguamenti legislativi, normativi e amministrativi necessari a rendere il piano operativo nel più breve tempo possibile: dalle modifiche della legge 135/90, alle norme che riguardano l’accesso al Test Hiv per i minorenni, alla riorganizzazione dei servizi regionali, alla riforma del sistema di sorveglianza secondo le priorità indicate.