«Sulla legge elettorale succedono cose surreali. Il segretario del partito che ha fatto una legge incostituzionale, votata con la fiducia, e che poi ha bloccato la discussione sulla nuova legge in attesa del suo congresso ora dice al parlamento di fare presto». È no la risposta dei bersaniani di Art.1 al «finto Mattarellum» del Pd. Il capogruppo alla camera Francesco Laforgia non ha dubbi. Domani aprirà la tre giorni milanese del suo partito (alle 17 al MegaWatt Court) dal titolo «Fondamenta» perché, spiega, «oggi abbiamo bisogno di ripartire dalle basi per costruire la sinistra che a questo paese manca». Tornando alla legge elettorale: «Per noi ci sono due capisaldi: no ai capilista bloccati e rapporto equilibrato tra rappresentanza e governabilità».

Il Pd dice che con questa legge tornano le coalizioni.

È fumo negli occhi. Quest’ennesima proposta del Pd non risolve il problema della governabilità e lancia una suggestione di coalizione. Ma è una truffa: in alcuni collegi uninominali il Pd potrebbe sostenere un candidato di sinistra, o di Verdini. Per noi è inaccettabile. Chi pensa che così si ricostruisce il centrosinistra pensa una corbelleria.

Lo pensa Pisapia.

Credo Pisapia abbia espresso un giudizio politico, se fosse invitato a esprimere un parere tecnico non potrebbe che essere più scettico. Una coalizione è innanzitutto un perimetro di valori e programmi.

E voi ex Pd fareste primarie di coalizione con Renzi?

Non siamo pregiudizialmente contro la coalizione di centrosinistra. Ma per farla bisogna condividere dei valori di fondo e costruire un campo contendibile. Se il Pd è interessato a vincere con il centrosinistra, il che vuol dire nessuna alleanza con Alfano e con Verdini, ci si mette insieme attorno a un progetto. E si immaginano le primarie. Ma non vedo le condizioni: il Pd ha scelto di essere un partito di centro che guarda a destra, come ha dimostrato sulla legittima difesa.

Quindi farete una ’cosa’ con Pisapia. Che però sulla legge elettorale già la pensa diversamente. Rischiate un altro «amalgama malriuscito»?

Le distanze non si misurano sulla legge elettorale. Noi chiediamo di reintrodurre l’art.18; di smetterla con le aziende che prendono soldi pubblici e poi delocalizzano; con la stagione dei bonus per riaprire quella degli investimenti pubblici. Su questi temi si può costruire una sinistra che tenga insieme cultura di governo e radicalità, da Bersani a Pisapia.

Ma anche fino a Vendola e Sinistra Italiana?

Non serve un meccanismo selettivo o di esclusione, l’importante è evitare i tavoli delle sigle. Non vogliamo rifare la Sinistra Arcobaleno. Se avviamo un processo politico tutti possono portare il loro contributo a un progetto ambizioso da realizzare con il meglio della sinistra e del mondo del lavoro.

A sinistra ci sono tanti mondi, per esempio c’è Rifondazione comunista. Vi metterete assieme o ci saranno comunque due liste a sinistra del Pd?

Qualsiasi processo di cambiamento ha bisogno di due motori: la cultura di governo e la radicalità nelle scelte. Un paese più povero e disuguale ha bisogno di entrambi. Ma spesso nel motore della radicalità abbiamo visto tanto minoritarismo. Il discrimine non sarà sulle sigle ma sulla cultura politica. E su come si sta nelle istituzioni.

A questo proposito: avete chiesto al premier Gentiloni di dimettere la sottosegretaria Boschi, lui ha risposto no. E ora?

Noi non siamo un elemento destabilizzante, ma queste vicende possono offuscare la credibilità del governo. Boschi deve spiegare se effettivamente è intervenuta nella vicenda Unicredit come sostiene un giornalista di chiara fama come Ferruccio De Bortoli. Nel caso, avrebbe mentito davanti al parlamento. E Gentiloni non può rispondere con un’alzata di spalle. Non confidiamo troppo nella commissione sulle banche, che avrà poco tempo, ma in un atto di chiarimento: i diretti interessati dicano qualcosa in più. Non è un affare di famiglia.

De Bortoli domani sarà alla vostra iniziativa. Gli state chiedendo un impegno politico con voi?

È un grande giornalista ed un intellettuale. La politica, anziché attaccare l’informazione quando tira fuori qualcosa che non piace, farebbe meglio ad ascoltare. Come faremo noi accogliendolo alla nostra iniziativa.

Dal caso Boschi e alle intercettazioni fra Renzi e suo padre: il Pd allude al complotto e parla di «attacco alla democrazia». È così?

Il Pd sta costruendo una campagna politica. Ma in questi anni Palazzo Chigi è stato attraversato da una brutta aria di familismo, una rete parentale e amicale di relazioni con vicende opache e poco chiare. La mia, sia chiaro, è una denuncia politica. Quanto ai complotti, pensavamo di avere alle spalle la stagione berlusconiana. Poi certo, in questi anni c’è stato un uso sportivo delle intercettazioni da parte dell’informazione. Bisogna darsi qualche regola. Ma il Pd spieghi di più e accusi di meno.

Perché l’ex presidente Napolitano dà dell’ipocrita a chi lamenta l’abuso sulle intercettazioni?

Napolitano segnala una qualche contraddizione in chi le poteva regolamentare e invece non l’ha fatto. Ed ora fa la vittima.