Ryan Murphy sceneggiatore, regista, showrunner è fra le personalità creative più influenti di Hollywood. Un autore capace di oscillare tra film di commento sociale come The Normal Heart, per dire, sui tragici prodromi dell’epidemia dell’Aids, e la convenzionalità commerciale e saccarinosa di prodotti come Mangia Prega Ama. Ma è nella televisione «di qualità» che ha lasciato il segno più profondo. Inventore del serial satirico sulla chirurgia plastic Nip/Tuck e soprattutto di Glee che lo ha consacrato a tastemaker della cultura pop televisiva, creatore di contenitori patinati accomunati da storie di outsider, emarginati e variamente «diversi». Un tema che Murphy da cinque stagioni articola in American Horror Story, la serie che ha traghettato l’horror in prima serata tv. Nell’ultima iterazione della storia che ogni anno cambia ambientazione e in parte il cast – in onda in Italia su Fox ogni lunedì in seconda serata, l’azione si svolge nel decrepito Hotel Cortez i cui ospiti e personale sono decisamente inquietanti – specialmente l’inquilina della suite all’ultimo piano – l’enigmatica contessa interpretata da Lady Gaga all’esordio come attrice. Verso di lei Murphy spende parole d’elogio: «la considero una delle persone più talentuose dell’intero pianeta». E scusate se è poco…

Allora, chi è la contessa – una donna sensuale dal fascino mortale …?

La contessa non è né donna né uomo, è un mostro, pur nella versione più «glamour» possibile. E in questa sua dimensione «mostruosa», in questa diversità, trova il suo potere. Non lo vede come un deficit, una mancanza. Anzi, il fatto di aver vissuto più di cento anni le ha permesso di apprendere molte lezioni e di trovare la forza della propria vulnerabilità. Ciò che la gente pensa le è indifferente, perché ormai ha visto tutto. Una «saggezza femminile» che deriva dal suo potere sessuale, dal fatto di avere più di cento anni ma in un corpo che ne dimostra sempre 25. È la sua intelligenza a renderla potente.

08visdxahsLADYGAGA

Come è stato lavorare su un set televisivo per la prima volta?

Il primo giorno di riprese ho ricevuto una nota da Sarah Paulson (una delle protagoniste della serie, ndr) che mi ha scritto ‘Non temere. Il tuo posto è qui, lasciati andare’. E mi sono resa conto che da qualche anno avevo smesso di «lasciarmi andare» perché mi sentivo sempre giudicata da tutti.

Perché hai trovato così gratificante stare su un set televisivo e condividere il lavoro con altri attori?

Intanto per qualcuno istintivamente ribelle come me non è necessariamente una cattiva idea ogni tanto avere dei parametri un pò più rigidi. A differenza che sul palco di un concerto qui c’è un copione e soprattutto c’è il giudizio di Ryan, in grado di correggermi laddove dovessi esagerare. È una nuova posizione sessuale per così dire: spesso mi trovo a stare sopra, e, beh, a volte fa bene stare anche un pò sotto. Questo personaggio mi ha dato la possibilità di esprimere molto dolore e un angoscia che non trovano spazio nella mia musica. La gente da me desidera una ragazza dolce e un ritmo dance, eventualmente canzoni su storie d’amore finite male, e va benissimo così. Ma esiste un altro lato, più dark, che forse si è intravisto in pezzi come Dope o nel materiale di Art Pop, ma sempre in una confezione colorata e scintillante. Su American Horror Story invece siamo liberi di esprimere le oscurità recondite e questo è davvero liberatorio.

Anche per questo hai sempre voluto essere un’attrice?

Quando sono Gaga non recito, fa parte di me e in un certo senso questo è vero anche della Contessa. Ho studiato method acting, la versione più estrema, quella di Lee Strasberg, la tecnica per cui attingi alle emozioni più recondite e intense, quelle che provengono dalle tue esperienze d’infanzia. La contessa è fatta anche di questo e non sarebbe giusto negarle la stessa integrità del mio personaggio musicale. È solo che in questo caso non sono io a scrivere il copione come faccio per i miei concerti. Il mio compito qui è di essere leale a Ryan più che a me stessa, perché è lui l’artista. Ho sempre voluto essere attrice perché per me non conta tanto dominare l’arte quanto essere alla sua mercé.

Oltre a questo cosa sono le cose che ti motivano?

Ho sempre avuto bisogno di aiutare chi si sente isolato dal mondo, è una sensazione che conosco bene. La storia della mia famiglia non è semplice, i miei nonni sono arrivati in nave dalla Sicilia, mio nonno era un calzolaio. Gli altri nonni venivano da Venezia, lui era un assicuratore e mia nonna casalinga. Ho sempre avuto l’ambizione di superare la nostra condizione economica. La mia famiglia si è fatta dal nulla e dopo l’11 settembre i miei hanno addirittura perso il lavoro. Forse, in un certo senso oggi ciò che hanno perso lo stanno ritrovando attraverso di me.

08American-Horror-Story-Hotel-Season-5_poster_goldposter_com_9

Cosa comunica American Horror Story?

Mi guardo intorno e osservo la gente passare le giornate a lamentarsi e a bisticciare su internet. Lo trovo stupido e superficiale. Se potessi vorrei poter contribuire al progetto di Ryan per riportare una certa eleganza e un glamour d’altri tempi ai suoi programmi. E usarli per trasmettere messaggi anche importanti, forse addirittura illuminanti come lo sono i temi trattati da Hotel attraverso i suoi personaggi decisamente narcisisti, che riflettono però anche l’universo in cui viviamo. Un mondo pieno di persone piegate sui propri smartphone, concentrati sulle proprie piccole ossessioni, assuefatte a se stesse senza pensare mai agli altri.