Il percorso iniziato ad Atene 2004 si chiude a Tokyo 2020. La copertina della quinta giornata di gara alle Olimpiadi è riservata a Federica Pellegrini e Aldo Montano, al passo d’addio ai Giochi con due superbe prestazioni, alla loro straordinaria carriera, a successi, sconfitte, cadute, ritorni. Dopo la finale dei 200 metri stile libero, la quinta in fila in altrettante edizioni (primato che condivide con la leggenda Michael Phelps) non conosce fine il coro di ringraziamenti, inchini virtuali per la nuotatrice veneta, che in Grecia si segnalò al mondo nei 200, 16enne d’argento. Forse nessuno degli campioni italiani, eccetto Pietro Mennea, ha mostrato la forza, la capacità di reazione della Pellegrini. Poco meno di 20 anni al vertice, andando oltre il peso della morte del suo allenatore storico Alberto Castagnetti, delle sue crisi di panico in acqua, dell’evoluzione del nuoto partendo dai materiali, dalle avversarie, sino all’insidia del Covid-19 che l’ha colpita in inverno. Un caterpillar, una fuoriclasse che si ritira ancora ad alti livelli, che coglie l’attimo e tirà giù con tempismo il sipario.

COME Aldo Montano, alla quinta Olimpiade come la Pellegrini, anche lui esploso ad Atene 2004 con una medaglia d’oro e che in Giappone ha trascinato all’argento la nazionale maschile di sciabola. Era capitano e riserva, è sceso in pedana, si è dovuto arrendere solo ai coreani. «È stata una carriera e una vita meravigliosa», ha spiegato il livornese dopo l’argento. Per Montano, è la quinta medaglia a cinque cerchi, forse la più bella, che chiude almeno per ora la dinastia della sua famiglia, è il 14esimo dopo i due argenti conquistati dal nonno (Aldo), l’oro e il doppio argento del padre Mario. E altre quattro medaglie erano arrivate dai cugini del padre. Anche Montano si è riservato l’ultima passerella ai Giochi, lui come la Pellegrini, anzi forse di più, riesce a concludere al vertice, senza rimpianti. Ci è riuscito, soffrendo in silenzio: come raccontato dall’inviata di Sky Sport a Tokyo, Lia Capizzi, Montano convive da due anni con un principio di necrosi al femore. Ventiquattro mesi di terapie, aspirazione di liquido, infiltrazioni di acido ialuronico. Sofferenza e motivazione per chiudere a Tokyo, meta dei sogni, nonostante la capitale giapponese raggiunga il punto più alto di contagiati degli ultimi mesi (tremila casi), costringendo le autorità a prorogare lo stato di emergenza con ogni probabilità sino alla prima metà di settembre e i giapponesi invitati a rinchiudersi in casa, lavorando a distanza e guardando i giochi alla tv.

IL GOVERNO nipponico (il premier Suga è al minimo dei consensi, intorno al 30% secondo gli ultimi sondaggi) nega però che Tokyo 2020 sia in pericolo, eventualità smentita anche prima del via alla manifestazione da parte del Comitato olimpico internazionale, unico organismo che per contratto avrebbe potuto decretarne la cancellazione. Lo stato di tensione resta comunque elevato, in casa Italia si è registrato anche il primo caso di atleta contagiato: Bruno Rosetti, canottaggio, positivo a un’ora dalla finale dei 4 senza (che poi si è aggiudicato il bronzo). L’atleta si era sottoposto a doppia dose del vaccino Moderna. Il bronzo nel canottaggio non è stata l’unica medaglia centrata dagli italiani, anzi: quattro podi, totale 15 medaglie, ma spicca ancora la scarsa presenza di medaglie d’oro, appena una, centrata nel primo giorno di gara dal pugliese Vito Dell’Aquila nel taekwondo.
Tra le delusioni c’è il mancato podio nei 1500 stile libero di Simona Quadarella, una delle punte della nazionale di nuoto e in generale della delegazione azzurra.