Effetto Lupi in Veneto. Ncd e Lega sempre più distanti. Matteo Salvini l’altra sera al Caffè Pedrocchi di Padova ha scandito: «Tosi è il passato, purtroppo. Ma se qualcuno lascia la Lega per lui, vuol dire che preferisce la triade Lupi-Alfano-Quagliariello. Auguri». Insomma, per il ras del Carroccio lo scenario politico è inappellabile: Luca Zaia non si discute come governatore e Ncd può dialogare con il sindaco sussidiario di Verona.

Il vero problema della Lega, se mai, sono le Comunali di Venezia. Contro Felice Casson, stamattina al Centro Santa Maria delle Grazie di Mestre, varo della candidatura di Luigi Brugnaro, ex presidente Confindustria. In alternativa, c’è l’ex presidente della Provincia Francesca Zaccariotto che ha strappato la tessera della Lega con largo anticipo.

Il «caso Lupi» scompagina l’area dei berluscones ex Dc come i «popolari» illusi da Monti, Udc e finiani. Il nuovo progetto ruotava intorno a Tosi, anche grazie ai buoni uffici di Corrado Passera che è il link con Cl. Il «sistema nel sistema» a Nord Est è la galassia di Compagnia delle Opere, consorzi stabili e scarl che spaziano dalla formazione alla logistica, dalla sanità all’edilizia, dalle Università al carcere. Lupi era di casa fra il quartier generale di San Martino Buonalbergo (che dal 16 febbraio ha traslocato in via Torricelli a Verona), ma anche nella fraternità padovana abituata ad ospitare Pierluigi Bersani. È la storica succursale della holding ciellina in Lombardia: da 40 anni i «ragazzi di don Giuss» hanno scalato la piramide del potere e messo radici fra finanza bianca, appalti dorati e servizi paralleli.

Cl veneta era di fede andreottiana, ma si è sempre riconvertita soprattutto sul fronte economico grazie al «compromesso storico» con Lega coop. Nelle urne, geometria variabile: fedelissimi di Galan e pronti a sostenere sindaci come Flavio Zanonato a Padova o Achille Variati a Vicenza; ex berlusconiani con Formigoni & Lupi, ma attenti alla Lega di Maroni & Tosi e adesso perfino renziani grazie a Delrio & Giannini.

Il «caso Lupi» fa discutere dentro e fuori le «scuole di comunità», anche perché c’è un’anima ciellina che ha preso le distanze dai «peccati» dei leader lombardi. Tuttavia, nella succursale veneta non sono stati da meno: la cassaforte in Lussemburgo che diventa trust in Nuova Zelanda; dal clamoroso crac delle operazioni in Etiopia (dalla mega-ferrovia con Gibuti all’università ora accollata alla Cei…) fino allo smantellamento delle imprese di costruzioni in parte riassorbite dalla famiglia Chiarotto, proprietaria della Mantovani Spa (quella del Mose e di Expo).
A Padova, poi, l’inchiesta costata il ministero a Lupi ha coinvolto monsignor Francesco Gioia. Dal 2001 fino al 22 luglio 2013 delegato pontificio per la Basilica di Sant’Antonio, il cupolone di Padova. Goia compare nel faldone della Procura di Firenze, che intercetta testualmente la «vocazione» dell’alto prelato. Il 2 maggio 2014 monsignore è al telefono con Francesco Cavallo (tra gli arrestati): gli chiede istruzioni in vista delle elezioni europee. La mission di Gioia è chiara: raccogliere le preferenze proprio per il ciellino Lupi. Il problema uno solo: la mancanza di direttive per avviare la macchina del consenso. «Mi dovete far sapere chi porta il capo per le europee, perché io non so nulla ancora. No, ma è urgente che ce lo diciate perché se devo poi avviarmi per alcuni istituti religiosi del mio entourage no? Per segnalare» confessa Gioia.

Ma non basta, la stessa voce spunta anche nei tabulati delle conversazioni transitate sul telefono di Stefano Perotti. Con lui Gioia si attiva per motivi familiari: un posto fisso per suo nipote. Le intercettazioni restituiscono la richiesta di un «contratto a tempo indeterminato in un preciso settore avanzata insistentemente», a Cavallo, Perotti e Incalza.

Ma monsignor Gioia risulta tutt’altro che immacolato. Risale al 9 ottobre 2012 l’esposto depositato al Tribunale di Padova che segnala la palese violazone dell’articolo 44 del testo unico sulle costruzioni. Tradotto significa un abuso edilizio sulla realizzazione di 5 mini-appartamenti a due passi dall’Orto Botanico e dalla Basilica del Santo. Fuorilegge è la metratura di 4 locali che non raggiungono la superficie di 45 metri quadri, il minimo in base alla nuova normativa. Tutto affiora quasi per caso, quando l’ex delegato pontificio avanza la richiesta di condono per gli immobili ricavati dall’ex casa del custode della Basilica.