«È questo il fiore del partigiano morto per la libertà». C’è tutta Lidia Menapace nelle parole finali di Bella ciao, che anche ieri, compagne e compagni, amiche e amici, le hanno voluto intonare per l’ultimo saluto al cimitero di Bolzano. Menapace è stato un fiore dell’Alto Adige, piccola provincia di confine, ma capace di dare i natali a persone come l’ambientalista e pacifista Alexander Langer, tra i fondatori dei Verdi italiani. Partigiana perché la staffetta «Bruna« della Resistenza amava sempre dire: «Sono ex prof, ex tante altre cose, ma non ex partigiana. Essere partigiane e partigiani èuna scelta di vita». Libertà perché, come ha ricordato don Jimmy Baldo, che ha officiato il rito funebre, «la sua esistenza è stata dedicata affinché questa parola fosse capita, amata, vissuta. Per lei le parole sono sempre state un dono. Un dono da dare agli altri».

Attorno alla bara di lei esponente politica e saggista italiana, tra le fondatrici de il manifesto, avvolta nella bandiera della pace e di Rifondazione comunista, partito in cui ancora militava, complici le restrizioni del Covid-19, che ne ha causato la morte, non sono in tanti. Per i parenti ci sono la nipote Marta Prisca e il fratello Aldo, che ricorda come Lidia «mi abbia insegnato tutto. Come vivere, come comportarmi e soprattutto quanto fossero importanti gli altri». Un albero in suo ricordo sarà piantato sulla «Collina dei giusti» alle porte della città, ma il Comune promette di voler «portare avanti idee e valori di una donna straordinaria che ha dato un contribuito fondamentale allo sviluppo dei diritti sociali», come sottolineato dall’assessora Chiara Rabini che ha portato il saluto della Giunta e del Consiglio: quest’ultimo presente con la presidente Monica Franch.

«L’essere partigiana di Menapace – ha detto Guido Margheri, presidente dell’Anpi – non era un monumento rivolto al passato, ma vita vissuta in cui, con curiosità, cercava di trovare la strada di far vivere quegli ideali a cui aveva dedicato la Resistenza. Insieme ad altre ha scritto una pagina importante in cui ha dimostrato che senza le donne, il loro ruolo, non ci sarebbe stata la Resistenza, come anche non ci sarebbero state conquiste fondamentali di civiltà».

Tra i presenti anche l’assessora provinciale Waltraud Deeg, la cui mamma, Waltraud Geber Deeg, nel 1964, assieme a Lidia Menapace, furono le prime donne elette nel Consiglio della Provincia di Bolzano. Giunta provinciale che ha visto anche la presenza di Luisa Gnecchi, oggi vicepresidente nazionale dell’Inps. «Mi ricordo quando mi ha telefonato una volta nominata vicepresidente della Provincia -racconta – e mi ha raccomandato di fare bene, ricordandomi i suoi “primati” assieme a Deeg. È stata davvero un riferimento per me. Una donna molto capace e piena di grande energia».

L’ultimo ricordo è di Gianni Lanzinger, avvocato, suo studente e poi deputato: «È stata una gigante per più di una generazione. Testimone e protagonista delle più importanti svolte della società italiana, che hanno dato diritti e consapevolezza. Ma soprattutto una grande insegnante. Ci ha insegnato come essere resistenti. Ad essere all’opposizione. Ad avere una capacità critica in ogni momento».