Il rondone è figlio dell’aria. La forma del suo corpo sembra essere progettata in una galleria del vento e, come un satellite vivente, appena libero di volare non mette più zampa a terra per quasi tutta la vita.

OGNI ANNO IL CIELO estivo dei nostri borghi storici è segnato dalle loro sagome e dai richiami striduli che invitano a seguirli nelle acrobazie aeree che ovunque sfiorano torri, campanili e palazzi. Normalmente confuso con la rondine, specie legata a campagne e coltivi, il rondone appartiene alla famiglia degli apodidi «i senza zampe», per la caratteristica di avere arti corti utilizzati non più per sorreggersi a terra ma per aggrapparsi sui muri degli edifici in cui nidificano. La riproduzione della specie è infatti legata alla disponibilità di fessure e incavi tra i tetti delle abitazioni che sono raggiunti in primavera dopo una migrazione di oltre 8000 km, e dove la coppia si ritrova nello stesso nido utilizzato l’anno precedente.

LE NOSTRE CITTÀ, in particolare i centri storici, hanno sempre offerto un rifugio naturale al rondone. Una presenza discreta e molto utile, dato che mangia 3000 insetti al giorno e durante l’allevamento dei pulcini supera le 10.000 catture. Ma è anche una specie che rischia di scomparire dal cielo ancor prima di capire la sua complessa biologia e l’incredibile resistenza al volo, attività che non interrompe per tutta la vita, neanche per dormire.

PUÒ ARRIVARE ANCHE a venti anni di età, periodo che trascorre sempre in volo interrotto solamente nel periodo della cova e allevamento dei pulcini. Si è scoperto che il rondone durante il sonno ha un adattamento simile a quello dei cetacei, riposando alternativamente una sola metà del cervello. Questo permette alla specie di volare ininterrottamente anche per 10 mesi senza mai fermarsi, raggiungendo una velocità di volo orizzontale di circa 110 km/h.

IL RONDONE SOFFRE ADESSO per le veloci mutazioni ambientali all’interno di molte città. Con il moltiplicarsi degli interventi di recupero urbanistico, in particolare per uso turistico e adeguamento di seconde residenze, il rifacimento dei tetti e delle facciate va a «bonificare» gli edifici dalle imperfezioni murali in cui il rondone nidifica, costringendo intere colonie a spostarsi altrove per cercare siti non sempre idonei e sicuri.

MAURO FERRI È IL RICERCATORE italiano del gruppo «rondone e monumenti vivi» che da anni, con decine di volontari, si occupa di trovare alternative a interventi che modificano in maniera irreversibile i luoghi di nidificazione di questa specie. «La popolazione di rondone è strettamente legata agli interventi che hanno trasformato il nostro ambiente urbano negli ultimi decenni, e le ristrutturazioni degli edifici riducono, se non in alcuni casi annullano, le loro possibilità riproduttive» afferma il ricercatore, «in passato una grande campagna di ripristino delle facciate promossa in Inghilterra ha già causato un crollo della popolazione locale della specie di oltre il 20%».

ANCHE IN ITALIA IL RECUPERO dei centri storici, molti dei quali entrati di recente in richiesti circuiti turistici, sta causando gravi problemi a tutte le specie che da sempre condividono gli spazi con le attività umane. Oltre al rondone, rapaci come il grillaio, il gheppio, la civetta o mammiferi delicati come i pipistrelli, sono “sfrattati” dai cantieri edili e costretti a spostarsi, a volte senza più trovare valide alternative.
«Con la ripresa delle attività edilizie per i bonus sul rilancio e gli interventi di risparmio energetico si stanno chiudendo per sempre nidi utilizzati da decenni» racconta ancora Ferri, «a volte sono lavori eseguiti prima dell’arrivo dei rondoni, ma in molti casi i cantieri sono attivi in piena nidificazione e con il risultato che centinaia di nidiacei muoiono murati vivi all’interno delle loro piccole cavità». Il gruppo di Mauro Ferri mette a disposizione il proprio know-how per mitigare l’impatto sui siti riproduttivi e per preservare le caratteristiche «attrattive» degli edifici richieste dai rondoni. «Sono circa duecento gli interventi in cui siamo riusciti a proporre ai progettisti valide alternative per salvare intere colonie. Mi riferisco in particolare a non far chiudere tutte le fessure storiche di facciata, evitare di cementare almeno parte delle tegole del tetto e proporre l’installazione di nidi artificiali per rondone».

FERRI SPIEGA INOLTRE COME le azioni per l’allontanamento dei piccioni dagli edifici conducono spesso alla chiusura delle tipiche buche pontaie e all’inserimento di aghi dissuasori sui cornicioni in cui i rondoni restano facilmente intrappolati. «Si evita questa inutile strage semplicemente riducendo l’ampiezza del foro per renderlo idoneo al solo ingresso dei rondoni e di altri uccelli come taccole, passeri e cince. E stiamo parlando di facili interventi effettuati anche su famosi edifici come la basilica di San Petronio a Bologna, il duomo di Torino o la torre campanaria Ghirlandina di Modena dove, in particolare, abbiamo riaperto oltre un centinaio di fori pontai.

IL NUOVO INTERESSE per il rondone e le sue problematiche di sopravvivenza hanno portato a dedicare il 7 giugno di ogni anno una specifica giornata mondiale in cui si organizzano in tutto il mondo manifestazioni e incontri divulgativi sulle problematiche di sopravvivenza della specie. «In Italia si è arrivati a programmare attività in un centinaio di piazze delle attività con esperti ornitologi, mostre e dimostrazioni sulla installazione di nidi artificiali», aggiunge Ferri, «interrotta ogni iniziativa nel 2019 a causa delle restrizioni per il Covid, quest’anno abbiamo ripreso da Campiglia Marittima con la 5^ edizione del Festival del rondone, in una piazza gremita di appassionati e anche di rondoni nel cielo».

INTERVENTI A TUTELA DEI NIDI di rondone sono stati effettuati anche nella basilica della natività di Betlemme e sul muro del pianto di Gerusalemme.