Lo Stato indiano del Kerala sta fronteggiando un’emergenza alluvioni mai così grave nella storia recente del Paese. Dallo scorso mese di giugno, quando è iniziato il secondo monsone che annualmente colpisce l’India meridionale, le piogge incessanti hanno letteralmente inondato gran parte del Kerala, costringendo le autorità a una decisione disperata: con il livello dei bacini idrici artificiali quasi fuori controllo, nel tentativo di evitare inondazioni ancora più devastanti, l’amministrazione locale ha optato per l’apertura di 37 delle 42 dighe e riserve d’acqua dello Stato, lasciando fluire l’acqua in eccesso in fiumi già ingrossati dalle piogge monsoniche.

La misura, in presenza di rovesci stagionali nella media, avrebbe scongiurato il peggio, ma secondo le stime diramate pochi giorni fa dall’Indian Meteorological Department, tra il primo giugno e il 17 agosto 2018 il monsone keralese ha registrato un incremento del 160 per cento rispetto alla media: non succedeva dal 1924.

Con le dighe aperte e le piogge monsoniche che hanno continuato ad abbattersi sui 33 milioni di abitanti dello Stato, dalle zone rurali del Kerala le inondazioni si sono allargate fino alle città, distruggendo tutto ciò che incontravano in ognuno dei 14 distretti.

Mentre scriviamo, il bilancio parziale è già durissimo: oltre 350 morti, quasi 200mila sfollati in oltre un migliaio di campi di soccorso approntati in scuole, chiese e auditorium, anch’essi circondati dall’acqua. L’aeroporto di Kochi è chiuso da giorni e, secondo le prime stime ufficiali, oltre 10mila chilometri di strada sono stati letteralmente spazzati via dalle frane, assieme a migliaia di abitazioni.

Le forze speciali di soccorso dell’esercito indiano, assieme a decine di squadre della marina e della guardia costiera, da giorni stanno portando avanti operazioni di salvataggio in tutto lo Stato utilizzando oltre 300 imbarcazioni, 30 elicotteri e quattro aerei militari.

Le persone bloccate sui tetti o sugli alberi, rimaste intrappolate in templi e ospedali, si contano ancora a migliaia. Il chief minister del Kerala, Pinarayi Vijayan, ha descritto l’alluvione in corso come «la peggiore degli ultimi cento anni», stimando un danno economico diretto che supera già i 195 miliardi di rupie (2,4 miliardi di euro).

Nella giornata di ieri il primo ministro Narendra Modi e il chief minister Vijayan hanno sorvolato su mezzi dell’aeronautica militare alcuni distretti colpiti dall’alluvione, a conclusione di un vertice straordinario in cui lo stesso Modi ha promesso aiuti economici dal governo federale pari a cinque miliardi di rupie (62,5 milioni di euro), in aggiunta al miliardo (12,5 milioni di euro) già stanziato dal ministero degli interni. Vijayan, secondo quanto riportato dai media locali, aveva chiesto due volte tanto.

Le immagini della devastazione dell’India meridionale, rilanciate a ciclo continuo dai principali canali televisivi nazionali, stanno scuotendo l’opinione pubblica nazionale, che compatta si è immediatamente adoperata per aiutare economicamente e materialmente i 33 milioni di keralesi colpiti in queste settimane dall’alluvione.

Oltre al conto corrente ad hoc aperto dal governo locale del Kerala, si stanno moltiplicando le iniziative di solidarietà in India e all’estero: nelle principali megalopoli indiane associazioni di volontariato hanno aperto dei punti di raccolta per vestiti e beni di prima necessità, mentre la diaspora keralese nel mondo sta raccogliendo donazioni destinate non solo a fronteggiare l’emergenza di queste settimane, ma un futuro prossimo che si annuncia nerissimo.

Il settore turistico, tra le principali voci del bilancio locale, è in ginocchio; la coltivazione della gomma, principale esportazione dello Stato, è virtualmente azzerata; le città spazzate via dall’acqua si contano a decine.

Gli Emirati arabi, destinazione preferita per gran parte dei lavoratori migranti keralesi, hanno deciso di formare un comitato di emergenza nazionale per assistere le famiglie coinvolte dall’alluvione in Kerala. Lo sceicco Mohammad bin Rashid Al Maktoum, in un tweet, ha scritto: «Il popolo del Kerala è sempre stato e ancora sarà parte della storia di successo degli Emirati arabi. Abbiamo una responsabilità speciale nei loro confronti e aiuteremo le persone coinvolte».