Tecnicamente inadeguata, finanziariamente ora insufficiente, perfino politicamente impreparata. Di fronte all’emergenza rifugiati, la Germania si scopre nuda e impotente: impossibile assorbire (davvero) 800 mila nuovi «arrivi» previsti nel 2015, continuare a gestire il 40% dei richiedenti asilo dell’intera Unione europea e rispettare fino in fondo le clausole del trattato di Dublino.
Dentro al Bundestag il problema è già più drammatico della «tragedia greca» con gli alleati Spd & Cdu che fanno scintille anche a livello locale, i Verdi alle prese con la Realpolitik e la Linke obbligata a rispondere alla più leniniana delle domande.
Fuori dal Parlamento, i sondaggi restituiscono la fiducia dei tedeschi sulla tenuta del Paese mentre rimbalza l’eco del ministro dell’interno Thomas de Maizière, convinto della capacità della Germania (cioé del governo) di resistere nel breve periodo all’«imprevedibile» ondata di profughi. Peccato che il «bubbone» sia già scoppiato e il default di Berlino – con buona pace dei cantori del mito dell’efficienza – ormai conclamato. Flop in piena regola che ammacca l’immagine del modello-guida dell’Europa e raggiunge Bruxelles, a cui la Repubblica federale chiederà con urgenza (proprio come Italia e Grecia…) il sistema delle quote.
Tuttavia il fallimento nella gestione dell’emergenza ha cause e responsabilità tutte made in Germany: dalle previsioni sballate al budget che copre appena metà del necessario; dalla mancanza di personale specializzato alla corrispondenza non più biunivoca fra stato centrale e i comuni lasciati soli di fronte al problema; fino ai minori non accompagnati che verranno «spalmati» nei Land a partire dal 2016.
Il tilt strutturale si tocca con mano ad appena due chilometri dalla Cancelleria, nel cortile dell’Ufficio di stato per gli affari sociali di Berlino (Lageso) a Moabit dove si vagliano le pratiche dei rifugiati. Qui dall’inizio di agosto la coda dei richiedenti asilo si è già trasformata in accampamento macedone e l’assistenza è possibile solo grazie ai volontari Caritas, ai paramedici del Johanniter e agli stessi migranti che danno una mano a «smaltire» uomini e carte. Sarebbe bastato connettere il database centrale con le periferiche locali per evitare la clamorosa forbice tra previsione e realtà: a far saltare la stima degli esperti è stato il sistema di misurazione tutt’altro che preciso. Alla base, pratiche di asilo inoltrate dai Land ai comuni prima della trasmissione al Bundesamt für Migration und Flüchtlinge (Bamf) l’ente federale competente. Risultato: ritardo nella «lavorazione» di oltre 400 mila richieste e raddoppio di stima che sconvolge anche i piani finanziari.
Finora lo stanziamento governativo si limitava a circa 5 miliardi di euro, il conto aggiornato ammonta a 8-10 miliardi con il vice cancelliere Spd Sigmar Gabriel che garantisce l’invio di 3 miliardi di pronto impiego. Duplicazione a beneficio degli enti locali: nell’incontro del 24 settembre chiederanno al governo la revisione del contributo federale: non più assegno forfettario incardinato sulla stima di profughi (finora sempre superata) ma rimborso individuale in base alle spese realmente sostenute, cioè in media 10 mila euro a persona secondo l’associazione dei comuni. In più il ministro de Maizière ha dovuto promettere «l’invio di maggiore personale» per velocizzare l’iter burocratico e incassare l’urticante denuncia dei volontari sull’assenza di medical-care per i profughi.
In Germania lo smacco organizzativo è già un problema politico. E al Bundestag non basteranno i moniti del presidente Norbert Lammert (Cdu) né gli auspici «per un dibattito sereno e senza scaricabarile» del capogruppo dell’Union, Volker Kauder, a contenere la deflagrazione. Gli alleati di Koalition litigano a Berlino (con la ministra Spd Manuela Schwesig contro de Maizière) ma anche a Monaco, dove il sindaco Spd Dieter Reiter è ai ferri corti con il vice Josef Schmid della Csu per la (opposta) visione dell’emergenza in Baviera. Tutto mentre la nuova legge sull’immigrazione naviga in alto mare e il «piccolo cabotaggio» della maggioranza entra nel mirino dell’opposizione.
Il 18 agosto i Verdi hanno presentato il «Piano per migliorare la politica sui rifugiati» e chiesto alla Germania di saper guardare «oltre la paura».
Tra le priorità dei Grünen – che sono al governo in 9 dei 16 Land tedeschi – accelerare le procedure di riconoscimento fino alla media di tre mesi, assumere 2.000 nuovi impiegati al Bamf, mettere in campo alternative all’asilo per i profughi dei Balcani occidentali (permesso di soggiorno temporaneo) ed estendere i corsi di integrazione con altri 1.000 mediatori culturali, in attesa di «una nuova normativa che renda più facile ai migranti rispettare i criteri». Progetto ambizioso, forse non così condiviso, almeno secondo Boris Palmer, sindaco Verde di Tubinga, che richiama il partito alla Realpolitik: «Giusto che i Grünen continuino a essere il partito dell’umanità, ma oggettivamente non si può ampliare l’accoglienza mentre aumenta il numero di profughi. Già in passato abbiamo perseguito nobili obiettivi senza occuparci della realtà». Da qui la richiesta-choc di «prepararsi al rimpatrio dei richiedenti asilo che verranno respinti».
La posizione della Linke è riassunta dalla portavoce per la politica interna Ursula «Ulli» Jelpke che riporta l’analisi dell’emergenza profughi dall’effetto alle cause. «Di fronte a 800 mila richieste bisogna fermare l’attuale dibattito improduttivo. Germania e Unione europea devono capire che i rifugiati continueranno ad arrivare in gran numero, fino a quando esisteranno i motivi della loro fuga».
Del resto, per la deputata della Linke il prezzo da pagare è dovuto: «Per guerre civili, povertà e mancanza di opportunità nei paesi d’origine Europa e Bundesrepublik devono sopportare il peso delle loro responsabilità. Libia e Siria sono investite di un conflitto alimentato con armi europee» ricorda Jepke, «Così come europee sono le flotte che pescano davanti alle coste africane, e privatizzazioni e austerità che producono disoccupazione di massa e povertà». Per la Linke dunque «Che fare?» è chiaro. Come un po’ meno.
Intanto, i neonazi hanno tenuto in scacco la polizia (30 agenti feriti negli scontri) a Heidenau, vicino a Dreda, dove c’è un centro di accoglienza per rifugiati siriani. Durissima la reazione di Angela Merkel attraverso il portavoce Steffen Seibert: «È disgustoso vedere come estremisti di destra e neonazisti hanno cercato di diffondere un messaggio d’odio. È infamante che addirittura famiglie con bambini abbiano partecipato alle dimostrazioni anti-profughi».