Due giorni di anticipo della zona arancione in Abruzzo accendono un duro scontro tra il presidente della regione Marco Marsilio (Fratelli d’Italia) e il governo.  Marsilio, con ordinanza regionale, ha chiuso ieri la zona rossa, passando la sua regione in arancione, e dunque aprendo i negozi per lo shopping natalizio. I ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia gli hanno mandato una lettera di diffida in cui si chiede di revocare «ad horas» l’ordinanza, ricordandogli «le gravi responsabilità che potrebbero derivare dall’applicazione delle misure da lei introdotte riguardo alla salute dei cittadini abruzzesi».

La replica del governatore: «Io vado avanti, dal governo un risibile tono intimidatorio e di minaccia». Spiega Marsilio: «Io avevo anticipato la zona rossa, non sono un irresponsabile e non cerco lo scontro istituzionale, ma ora la situazione è sotto controllo, la cura ha funzionato». Tutto questo baccano per due giorni di anticipo? «Sono due giorni decisivi per la vita economica del paese»., dpiega Marsilio, sostenuto con forza dal partito di Giorgia Meloni. «Se fossero stati due giorni qualsiasi non staremmo neanche a discuterne».

LA CONTESTAZIONE DEL GOVERNO è semplice: Boccia e Speranza citano i report della cabina di regia, le regole uguali per tutte le regioni per entrare e uscire dalla zona rossa. E ricordano che, contando anche l’anticipo dell’Abruzzo rispetto alla decisioni nazionali, il periodo sarebbe scaduto il 9 dicembre, con 3 giorni di “sconto” rispetto ai 21 previsti. E invece lo scontro è partito e potrebbe finire davanti a un magistrato.

«Ci riserviamo di intraprendere ogni iniziativa, anche giudiziaria, per garantire l’uniforme applicazione delle misure» anti Covid, scrivono Boccia e Speranza. Marsilio controreplica: «Prima di sabato 12 il ministro non potrebbe pubblicare una nuova ordinanza, che partirebbe dal 13. Attendere la burocrazia ministeriale significherebbe ammazzerebbe il paziente Abruzzo». Speranza ha auspicato che, dopo la pandemia, si costruisca «un equilibro tra poteri dello Stato e delle Regioni, soprattutto sulla salute».

ALTRE REGIONI SI MUOVONO in senso opposto rispetto all’Abruzzo. Il presidente della Puglia (che è tornata gialla), Michele Emiliano, con l’ok di Speranza, ieri ha istituito la zona arancione da oggi fino al 14 dicembre per venti Comuni nelle province Bat, Foggia e Bari.

In Molise, che è sempre rimasto giallo, il presidente Donato Toma (Forza Italia) ha scritto un’ordinanza che aumenta le restrizioni e parla di un «giallo rafforzato». Da oggi e per due settimane, chiuse tutte le scuole comprese le elementari e divieto di usare i mezzi pubblici salvo necessità di lavoro o salute; chi rientrerà in Molise da altre regioni, se non è stato sottoposto a tampone nelle ultime 72 ore, dovrà andare in quarantena o sottoporsi a test.

IL BOLLETTINO DI IERI segnala 13.720 nuovi casi, con 111mila tamponi e altre 528 vittime (per un totale da marzo di 60.606). Il numero dei nuovi positivi è frutto del consueto calo dei tamponi di domenica, ci sono ancora 748mila positivi e il tasso di contagio risale leggermente al 12,3%, il giorno prima si era fermato all’11,5%. I posti letto occupati nei reparti Covid crescono di 133 unità, continua invece il calo delle terapie intensive (-72, per un totale di 3382. Il Veneto è la regione più colpita per il terzo giorno consecutivo (+2.550 positivi), seguita da Emilia-Romagna (+1.891) e Lombardia (+1.562).

SECONDO UN’ANALISI dell’Istituto superiore di sanità, da inizio pandemia e fino al 2 dicembre, l’età media delle vittime del Covid è 80 anni, e il 97% dei deceduti aveva malattie precedenti (le più presenti: ipertensione, cardiopatie e diabete). Solo l’1,2% (657) aveva meno di 50 anni. Il 39,9% dei casi, 22.252, si è verificato in Lombardia, uno su quattro; seguono per numero di morti l’Emilia Romagna con 5.805 (10,4% del totale), Piemonte 5.556 (10%), Veneto 3.899 (7%), Lazio 2525 (4,5%) e Liguria 2.419 (4,3%).

Nella seconda ondata, conferma l’Iss, è cambiata la mappa geografica del Covid: da marzo a maggio in Lombardia si registravano il 47,6% delle morti, per scendere al 32,3% nel periodo giugno-settembre e al 27% tra ottobre e dicembre. Opposta la situazione nel centrosud: il Lazio è passato dal 2,4% delle vittime della prima ondata al 7,9% della seconda; la Toscana dal 3% al 6,4. Peggio la Sicilia, passata dallo 0,9% al 6,2%, e la Campania: dall’1,4 all’8,3%. «Gli errori commessi in estate hanno portato a 20mila morti che avremmo potuto evitare», il giudizio del prof. Massimo Galli.