Sono trascorsi poco più di tre anni dalla prima scossa di terremoto che colpì Christchurch e la regione di Canterbury, nel sud della Nuova Zelanda. Dalla seconda, la più violenta, nel febbraio del 2011, quella che provocò 182 vittime e migliaia di feriti e sfollati, non si è perso tempo e la sua ricostruzione è partita spedita. A questo riguardo sarebbe impietoso il confronto con quanto è accaduto da noi sia in Emilia, sia – soprattutto – in Abruzzo.
I neozelandesi davanti ai danni ingenti subiti dagli edifici (più di centomila lesionati dei quali il dieci per cento da demolire come la cattedrale) hanno deciso di agire risolutamente, riesaminando gli strumenti urbanistici adottati, riparando quanto è stato danneggiato dal sisma e ricostruendo con migliore qualità tecnologica e materiali le abitazioni e gli spazi collettivi. Per realizzare questi impegni, le informazioni circolano sul web in modo accurato e completo. Nel sito www.futurechristchurch.co.nz sono illustrati i progetti più importanti che segnano il nuovo centro cittadino e le aree suburbane, ma vi sono contenuti anche i manuali che con lo slogan «La tua occasione…. per costruire in modo più intelligente» costituiscono una guida utile per discutere con il costruttore o il progettista il proprio smart building.

Attraente e prospera

La città che gli abitanti di Christchurch hanno deciso di realizzare è inserita in quella più ampia programmazione di interventi sul territorio denominata «Strategia di Sviluppo Urbano della Grande Christchurch» (Greater Christchurch Urban Development Strategy) e già avviata prima dell’avvento del sisma con il contributo dei danesi Gehl Architects, tra i più competenti urbanisti e designers sul tema della sostenibilità urbana. Anche se con il terremoto sono cambiate le priorità, ciò non ha modificato il modello insediativo della pianificazione, i suoi indirizzi strategici e le aree individuate per la crescita, che nella città neozelandese si concentra sull’importanza dello spazio pubblico, delle aree destinate a giardini e sulla valorizzazione dei flussi pedonali, ciclabili e del trasporto pubblico.
Sono stati attivati, naturalmente, piani di recupero in grado di dare certezza ai problemi degli alloggi delle persone evacuate dalla «zona rossa», ma tutto all’insegna di incoraggiare una migliore qualità della vita urbana nelle aree centrali di Christchurch e all’interno dei principali centri suburbani come già prevedeva la pianificazione urbanistica in vigore. In questo senso, i terremoti hanno fornito un’occasione per verificare la sostenibilità delle politiche e delle pratiche esistenti. Come riporta ognuno dei numerosi documenti redatti dalla municipalità di Christchurch, la città dovrà essere «attraente, vivibile in un ambiente sano, in una comunità forte con una prospera economia».
Ai cittadini è offerto il servizio di un team di esperti capaci di indirizzare il recupero e valutare i loro progetti secondo precise linee-guida condivise con la comunità attraverso un articolato processo di partecipazione. Queste individuano una serie di qualità essenziali che sono alla base di una buona progettazione urbana. S’inizia con il considerare gli edifici e gli spazi pubblici non come elementi isolati, ma collegati tra loro e ogni luogo in relazione con altri, salendo progressivamente di scala: dal quartiere alla città, fino alla regione. Assumono rilevanza il contesto sociale, culturale e economico e le relazioni di ogni parte con il tutto. La qualità urbanistica è data dal rispetto dell’identità del tessuto urbano e del paesaggio, ma nulla è considerato statico, bensì flessibile e dinamico: prerogative di un ambiente che incoraggia la diversità e offre opportunità per tutti, in particolare per chi è più svantaggiato. Poiché anche una buona rete di collegamenti migliora la coesione sociale, tutte le reti a Christchurch e nella sua regione, cioè strade, ferrovie, piste ciclabili ed escursionistiche, sono realizzate per ottenere tempi di percorrenza ridotti e il minore impatto ambientale. Importante, inoltre, è la creatività perché perseguirla significa «trasformare un luogo funzionale in un luogo indimenticabile» oltre a favorire una forte identità urbana. L’insieme di questi principi fa riferimento nella cultura maori al Kaitiakitanga.
Questa parola descrive un concetto tradizionale che trova una straordinaria applicazione come principio nell’attualità dei fatti che stiamo raccontando. Vuol dire che gli uomini sono i guardiani del mondo e che assistono gli dei nel preservare e proteggere l’ambiente fisico, l’arte e il linguaggio. Forse solo a Christchurch l’urbanistica assume questo forte legame con la filosofia olistica, quella che sembra sostenere le buone pratiche dei diversi soggetti impegnati nella ricostruzione: dal governo centrale alle amministrazioni locali, ai diversi professionisti e operatori fino ai cittadini. La sfida è per tutti loro sviluppare un nuovo insediamento urbano con una varietà di tipologie di alloggio basati sulla sostenibilità, l’innovazione e un forte senso della comunità.
Questi principi hanno informato il più importante concorso internazionale di progettazione bandito fino ad oggi e relativo all’area adiacente a Latimer Square, al centro di Christchurch. Le cinquantotto offerte giunte da quindici paesi hanno visto la partecipazione di consorzi di architetti, investitori e costruttori, e la procedura di selezione ha tenuto in considerazione le richieste della comunità maori e bianca. Il prossimo mese la giuria del concorso New Urban Village Project selezionerà il miglior progetto di edilizia residenziale tra i quattro finalisti: due neozelandesi, un australiano e un italiano. I progetti scelti non prediligono alcuna tendenza e si va da quello «eccentrico e leggermente caotico» dello studio Walker Architecture&Design a l’ordinato complesso ecosostenibile del gruppo Jasmax Architects, entrambi neozelandesi, dai moduli flessibili e immersi nel verde degli australiani Ganellen Architects con l’University of Technology di Sidney, alla «semplice eleganza» degli italiani Anselmi&Attiani con Cresco Group. Questi ultimi sono i soli prescelti tra i partecipanti europei e vantano da tempo un serio impegno sui temi della sostenibilità in architettura e del disegno e pianificazione del paesaggio. Pensiamo che a prescindere da quello che sarà l’esito finale del concorso questa storia dimostri ancora una volta che anche da noi esistono le competenze per costruire «città più moderne e vivibili del mondo», quella che il sindaco di Christchurch, Bob Parker, si avvia a realizzare e ci auguriamo, portare a termine con la soddisfazione dei suoi concittadini. Mentre qui si resta sempre in attesa che accada qualcosa, senza mai sapere purtroppo cosa. È chiedere troppo imitare quanto sta accadendo in Nuova Zelanda?