“Neoliberismo, sfruttamento, violenza: sono tutti sinonimi del patriarcato”. In tante si sono trovate ieri in piazza Santi Apostoli a Roma per il terzo anno della Women’s march che nella capitale, come nel mondo, catalizza associazioni, comunità e gruppi di donne (e uomini) che intendono dire no al sopruso vorace di una politica machista e coercitiva. A Roma prensente anche la Casa internazionale delle Donne, insieme alla rete dei centri antiviolenza Di.Re. che, sostengono questa marcia della libertà femminile contro ogni forma di razzismo, sessismo e neofascismo. Elizabeth Farren, organizzatrice e parte della women’s march global, presente in piazza insieme a Loretta Bondi della Casa internazionale di Roma e molte altre che, quotidianamente e capillarmente, lavorano sui territori. In particolare le donne dei centri antiviolenza che, non lo si ripeterà mai abbastanza, fanno un lavoro imprescindibile accanto a chi decide di intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza e che pur tuttavia non vengono sostenute abbastanza da un punto di vista economico.

Nel 2017, dopo l’elezione di Donald Trump, negli Stati Uniti è stata organizzata la prima Women’s March che ha raccolto milioni di donne rappresentando una forma generativa di politica. Se in queste ore, al netto delle polemiche –  da approfondire e verificare nei loro punti poco chiari – riguardo le accuse di antisemitismo che alcune organizzatrici hanno ricevuto, ancora molte donne si ritrovano nelle strade del mondo a dire no alla violenza neoliberista e patriarcale, è segno che nei tempi impietosi che il mondo attraversa, la parola delle donne diventa azione immediata con un protagonismo di eccezionale e impareggiabile forza.

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Nel sito ufficiale della Women’s march, la mappa di tutte le “manifestazioni sorelle”

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