Era già successo 44 anni fa, nel 1975, che una talent agency – sempre la William Morris – facesse causa alla Writers Guild of America, accusandola di aver violato le leggi antitrust. Ed è successo ancora lunedì, a quattro giorni di distanza dal fallimento delle trattative fra Wga e Association of Talent Agencies, in rotta da aprile scorso. «La storia si ripete – è il comunicato di Wga in risposta all’azione legale di una delle principali agenzie statunitensi – nel 1975 la William Morris Agency ha fatto causa al sindacato in risposta alla campagna della Wga per abolire le packaging fees. Un giudice federale ha emanato una sentenza in favore del sindacato sceneggiatori. La causa di Wme è priva di fondamento, e al sindacato non verrà imposto con la forza un accordo svantaggioso».

Nel 1976 un codice di condotta che regola ancora oggi i rapporti fra agenzie che rappresentano i talent (fra cui gli sceneggiatori) e il sindacato sceneggiatori aveva posto fine alla disputa. Ma è proprio da quel codice di condotta che nasce il contenzioso di oggi: per la Wga è ormai obsoleto, legato a un mondo che non esiste più specialmente considerato l’incremento di produzioni televisive, in streaming, via cavo eccetera. Le packaging fees, obiettano gli sceneggiatori, rappresentano un conflitto d’interesse per gli agenti che vengono pagati in quei casi dai produttori stessi: coloro con i quali dovrebbero trattare in rappresentanza dei loro clienti – gli artisti.

SECONDO la Wme (William Morris Endeavor), per abolire le packaging fees il sindacato sta portando avanti un boicottaggio illegale delle agenzie. Sono infatti migliaia gli agenti che sono stati licenziati dall’inizio delle ostilità fra Ata e Wga in aprile. «Il boicottaggio per rendere effettivo il loro divieto illegale (delle packaging fees, ndr) non è nient’altro che una ’presa di potere’ cammuffata da legittimo esercizio dell’autorità sindacale», si legge nella causa federale intentata da Wme, che si dilunga in una difesa del packaging: «Senza di esso, alcuni film e show non sarebbero mai stati prodotti, e le opportunità di scrittura che queste produzioni hanno creato non sarebbero mai esistite. Molti sceneggiatori si sono rivolti a noi proprio in virtù dei servizi di packaging». Ma per ora il fronte degli sceneggiatori continua a restare compatto contro le agenzie.