Nel primo giorno dei lavori del G7 tra i ministri delle finanze a Bari ha fatto capolino la suggestione di una web tax per le multinazionali del capitalismo digitale. All’Ocse è stato dato il mandato di studiare proposte per un modello fiscale comune. I risultati dovrebbero arrivare con calma: la primavera del 2018. I tempi di attesa per una prima iniziativa concreta a livello internazionale dovrebbero essere remoti, considerati i tempi necessari per studiare un modello applicabile. Tuttavia ieri, nella cittadella fortificata dove i ministri si sono intrattenuti in simposi e incontri bilaterali sulle prospettive dell’«inclusione sociale», spirava una brezza di ottimismo, Per il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan la «convergenza» necessaria a superare le diverse posizioni nazionali sulla web tax è a un passo. Nel comunicato finale del G7 saranno evocate le «policy options» sulla tassazione dell’economia digitale. Un’esigenze simile era stata avanzata dal G20 di Baden Baden. La proposta italiana è creare un «contatore digitale» per tradurre il traffico dati (numero e durata dei contatti, posizione geografica) in parametri che determinino i ricavi, soprattutto degli «over the top» come Google. la scorsa settimana l’azienda californiana ha chiuso con il fisco italiano un accordo che prevede il versamento di oltre 300 milioni di euro. Il problema è continentale. È più che nota, infatti, la contesa che oppone la commissione europea a Apple e al governo irlandese che ha garantito per anni maxi-sconti fiscali all’azienda fondata da Steve Jobs, facendo concorrenza ai sistemi fiscali degli altri paesi membri.

Nei colloqui non è stato affrontato il tema delle banche italiane. Lo hanno confermato la direttrice dell’Fmi Christine Lagarde e il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici. Il tema prescelto è stato quello dell’«inclusione sociale». Un’operazione di «Rightswashing», in corso da tempo ad ogni livello, per dimostrare che i presidi dell’asterità (Bce, Fmi, Commissione Ue e i ministri dell’economia) si stanno adoperando per la «crescita» e non per l’alienazione dei diritti. È questo il succo delle dichiarazioni multiple rilasciate ieri dallo stesso Padoan: «Il tema della crescita e dell’inclusione sociale è al centro dell’agenda del G7 e del G20» ha ribadito. La singolare reazione a questo convincimento del ministro è arrivata dal governatore pugliese Michele Emiliano, fresco del terzo posto alle primarie del Pd: «Padoan dovrà fare la fisioterapia a se stesso e a tutti i ministri delle finanze del G7 – ha detto – La ricetta monetarista che immagina che il mondo si sistemi mettendo in equilibrio salario e prezzi senza politiche che sostengano la domanda e sostengano gli investimenti pubblici a favore dei diritti delle persone, è una teoria quasi religiosa che tutti hanno verificato infondata».

Tra auspici fiscali, pensieri umanisti dedicati all’inclusione, ieri è stata anche la giornata della contro-offensiva del governo alle valutazioni, non proprio positive, della commissione Ue sulle «ripresa modesta» del Pil italiano. «La crescita continua, il deficit scende e il debito nel 2018 comincerà a scendere – ha detto Padoan – Non c’è niente di nuovo». Niente di nuovo nelle promesse e nell’ottimismo di maniera. Moscovici ha promesso di «usare tutta la flessibilità a disposizione» quando, in autunno, si arriverà al grande scoglio della manovra 2018. Dopo l’ok alla «manovrina», sperano di non restare incagliati nella corsa all’austerità a cui si vuole cambiare nome.