«La prima volta che ho visto cantare Chrysta Bell, ho pensato fosse un’aliena, la più bella aliena mai esistita». Parola di David Lynch, mentore e partner musicale della cantante texana in queste ore in Italia, stasera a Milano al T R I P Music Festival al Teatro dell’Arte mentre domani sarà al Festival delle Colline a Carmignano (Prato). Dopo una prima apparizione musicale in Inland Empire, Chrysta Bell ha inciso infatti due album con il geniale regista, oltre a recitare nel nuovo Twin Peaks, proprio nei panni di una poliziotta «al servizio» dello stesso Lynch nel ruolo del misterioso capo dell’FBI Gordon Cole…

Il tuo nuovo album, «We Dissolve», è il primo senza la collaborazione artistica di David Lynch, co-autore dell’ep «This train» del 2011 e del tuo penultimo disco «Somewhere In The Nowhere»? Come è stato lavorare per la prima volta, e dopo molto tempo, senza di lui?

Ho iniziato a pensare alle canzoni insieme a Christopher Smart e ho scritto molti brani a casa mia, in Texas, che spedivo regolarmente a John Parish che si trovava a Bristol. Dopo aver messo a punto 11 demo, siamo andati in studio dove abbiamo registrato per circa tre settimane. Lavorare con John Parish come produttore è stato grandioso. Ci siamo avventurati in una sorta di goth soul che collima molto bene con le mie naturali tendenze e con le mie ossessioni artistiche come il ciclo vita/morte e la trascendenza. Anche i testi sono simili a quelli composti insieme a Lynch, sono sempre contorti, sono ballate macabre come Heaven, ad esempio, dove telefono a un amante morto e gli lascio messaggio telefonici! Nella musica però voglio sempre far veicolare il messaggio che ci sarà una pace definitiva e totale per tutti.

Queste riflessioni sembrano provenire proprio dalla «filosofia» lynchana…Impossibile non chiederti della tua lunga collaborazione artistica con lui. Che cosa hai imparato e in che modo Lynch ha formato il tuo percorso musicale?

La cosa che più mi ha impressionato di David è la sua assoluta dedizione all’Arte. È un artista consumato ed è una vera gioia essere testimone della sua abnegazione. Credo che lui viva questo suo essere artista con grazia straordinaria ed enorme impegno. Sono anche profondamente commossa dal suo desiderio di condividere le meraviglie e la bellezza della meditazione trascendentale e devo ringraziarlo per questo, oltre che per il metodo di lavoro che mi ha trasmesso.

Puoi dirci qualcosa della differenza fra lavorare con Lynch come musicista rispetto al recitare per lui? Proprio in queste settimane ti vediamo nel ruolo della poliziotta Tammy Preston nella nuova serie di Twin Peaks…

Quando sono sul set con David siamo in mezzo a una moltitudine di gente e lui è nel totale controllo della situazione. Tutti noi, in quel momento, siamo parte di una visione collettiva. Quando facciamo musica invece, siamo semplicemente in due e logicamente è una situazione molto più intima dove ci scambiamo idee continuamente. We Dissolve condivide molto la cupezza e la tensione della musica che ho composto con David.

A proposito di cinema, la tua prima band si chiamava 8 ½ Souvenirs, un nome davvero cinematografico…Che ricordi hai di quell’esperienza?

Sono stata quattro anni con loro e li ricordo come bellissimi. Avevo 18 anni quando entrai nella band ed erano già molto famosi in Texas. Mi sentivo davvero fortunata a stare sul palco con quei musicisti straordinari di fronte a un pubblico che viaggiava lungo tutto il paese per sentire i loro concerti. Uno dei ricordi più belli riguarda un tour di sette settimane come spalla dei The Brian Setzer Orchestra e un successivo duetto con Brian durante il suo show. Un altro momento magnifico fu quando Willie Nelson salì sul palco per suonare con noi, senza che lo sapessimo! Stavo quasi per piangere ma continuai lo stesso a cantare!

Tornando al disco, oltre ai featuring preziosi come i Portishead e Sunn O))), volevo chiederti come è stato lavorare con John Parish, autore, a mio avviso, di un lavoro straordinario sugli arrangiamenti…

La bellezza degli arrangiamenti minimali di John Parish è che tutta l’enfasi è nella voce. John non cade mai nella trappola di soffocare un brano con troppi strati, anche se potrebbe chiamare nel suo studio i migliori musicisti del mondo. Deve essere sicuro che una canzone abbia sostanza. Questo disco è una sorta di montagna russa emozionale che riflette i miei ultimi 20 anni da musicista. Ho voluto Christopher Smart, il mio autore preferito quando vivevo a San Antonio, insieme a me perché desideravo ricongiungermi idealmente con la mia adolescenza e anche la scelta di Parish non è casuale, visto che si tratta dell’uomo «responsabile» della musica che mi ha più influenzato durante l’adolescenza.