«Vogliamo un’Europa più solidale e democratica, che protegga e non restringa lo stato sociale» dichiara al manifesto Panos Skourlètis, ministro del lavoro sino a luglio e, subito dopo, responsabile del dicastero per la riorganizzazione produttiva del governo Tsipras. «Sì agli investimenti, ma nel rispetto dei diritti dei lavoratori. In questa lotta avremo al nostro fianco i sindacati europei», aggiunge Skourlètis, che è ben cosciente della responsabilità di Syriza: «Siamo una forza di sinistra che è riuscita a ispirare anche molte altre forze di sinistra in Europa».

Syriza riuscirà a impedire la liberalizzazione dei licenziamenti e a far tornare in vigore i contratti collettivi di lavoro?

Le pretese avanzate dai creditori erano estreme. Volevano legare il governo di Syriza a un accordo che impedisse di cambiare qualunque legge, tra quelle imposte dai memorandum degli anni scorsi: lo stipendio base, e i rapporti di lavoro nel loro insieme. Quello che siamo riusciti a fare nell’ultima trattativa è lasciare aperte queste questioni, con l’impegno, entro il 2015, di presentare una nuova legge per il ritorno alla contrattazione collettiva. È un punto importante, nell’ambito di tutta la trattativa e del suo risultato finale. Le istituzioni creditrici hanno anche insistito sulla liberalizzazione dei licenziamenti nel settore privato. Il governo non ha firmato, e non ha accettato di applicare il «lock out», la legge che prevede la chiusura temporanea delle imprese in caso di sciopero.

Si può continuare a lottare per contrastare le pretese dei creditori nel campo del lavoro?

Sì, e c’è un altro motivo per cui lo penso: nel periodo in cui sono stato ministro del lavoro, discutendo con i rappresentanti dei sindacati europei è emerso chiaramente che la maggior parte di quegli stessi sindacati, e dei lavoratori, sono al nostro fianco. Sono questioni che interessano l’insieme del mondo del lavoro in Europa. È una cosa che farà sentire esposti e in difficoltà i creditori, se dovessero insistere su leggi che contrastano i diritti dei lavoratori.

Quali sono le differenze fondamentali del progetto di Syriza, rispetto alla destra, per sostenere l’economia?

Ci interessa attrarre investimenti, ma solo a condizione che rispettino le leggi e i lavoratori. Nel caso di investitori stranieri ci devono essere vantaggi sia per loro, che per la Grecia. Quando ha governato Nuova Democrazia, che tanto si straccia le vesti su questo tema, la riduzione degli investimenti ha toccato percentuali mai viste prima. Rispetto al totale del Pil, in due anni e mezzo sono calati dal 15,7% all’11,6%. In Grecia, negli ultimi anni, non c’è stato neanche un progetto complessivo, specie per quel che riguarda le piccole e medie imprese. Mi riferisco anche al bisogno di determinate politiche di settore, concetti estranei ai dirigenti ultraliberisti di Nuova Democrazia. Erano convinti che il mercato si potesse autoregolamentare, senza un piano più generale. È una differenza fondamentale, di cui credo si siano resi conto anche i cittadini.

Come descriverebbe queste elezioni, il loro significato sia per la Grecia, che per l’Europa?

Quello che si può dire della campagna appena conclusa è che Syriza non ha visto migrare i propri elettori in altri partiti. Piuttosto, alcuni dei cittadini che ci avevano sostenuto a gennaio mostrano un certo scetticismo. La scommessa è farli andare alle urne a votare per noi, per non cadere nella trappola dell’astensione. Abbiamo cercato di dare risposte convincenti e sincere, sapendo che le posizioni della destra non sono politicamente valide. Anche questa volta, poi, tutti i media «sistemici», parte delle lobbies della politica e dei poteri imprenditoriali, si sono scagliati contro Syriza con accuse prive di fondamento.

Syriza dice no alla grande coalizione con il centrodestra, ma Tsipras ha lasciato intravedere spiragli riguardo a una possibile collaborazione con i socialisti del Pasok. Come vede una prospettiva di questo genere?

Non ci sono assolutamente le condizioni per governare con Nuova Democrazia. Possiamo anche essere stati costretti ad un ripiegamento tattico, ma il nostro obiettivo rimane il rovesciamento del neoliberismo, in Grecia e in Europa, e andare verso una nuova direzione. Vogliamo un’Europa più solidale e democratica, che protegga e non restringa lo stato sociale. Si tratta di differenze che saranno valide in eterno, rispetto alla destra. Quanto al Pasok, è avvilente che, come forza della socialdemocrazia europea, non sembri rendersi conto neanche dei timidi passi che vengono compiuti in Europa riguardo al bisogno di ripensare le strategie economiche dominanti. Il Pasok non fa nessuna autocritica, mi sento di dire che non aiuta un processo di avvicinamento. Non so, quindi, quanto una collaborazione sia realmente praticabile.

Hervé Falciani ha dichiarato che solo dopo la vittoria di Syriza, a gennaio, è iniziata una collaborazione con la Grecia. Al «manifesto» ha anche detto che se fosse greco voterebbe Tsipras. Se oggi Syriza si dovesse assicurare una vittoria relativamente ampia, vi impegnate a continuare a combattere la corruzione, senza esitazione?

Falciani è diventato il protagonista di queste elezioni, si potrebbe dire. Le sue dichiarazioni sono delle vere rivelazioni, e mostrano la grande differenza che c’è tra Nuova Democrazia e Syriza rispetto agli intrecci degli interessi economici sotterranei e alla corruzione. Si tratta, per noi, di un fronte importantissimo, vogliamo essere una forza di risanamento. Tutti questi fenomeni, oltre ad aver permesso all’oligarchia greca di trasferire in banche estere cifre astronomiche, hanno anche svilito il senso di tutto il settore pubblico: la pubblica amministrazione veniva usata a favore di precisi interessi economici. Non è un segreto che le opere pubbliche, in Grecia, siano arrivate a costare dalle 4 alle 5 volte di più rispetto alla media europea. Tutto ciò, ovviamente, è avvenuto con la copertura politica del Pasok o di Nuova Democrazia.

Come priorità avete indicato la rinegoziazione del debito e il sostegno alle classi sociali più deboli. Resta però aperta, ad esempio, anche la battaglia per i diritti civili, come l’estensione dei patti di convivenza alle coppie gay. Ce la farete?

Sì, ce la dobbiamo fare. Nei mesi scorsi sono stati fatti alcuni passi, ma in realtà quasi tutto è stato oscurato dalla trattativa con i creditori. Siamo stati spesso vicini alla rottura, per non cedere passivamente alle richieste dei creditori. Queste trattative non hanno permesso di procedere più speditamente sui temi di cui ha parlato. Porteremo avanti queste battaglie perché Syriza non solo continua a trarre ispirazione dai grandi ideali della sinistra – una profonda parità, solidarietà e progresso sociale – ma il suo esempio è riuscito a ispirare anche altre forze europee, diventando un punto di riferimento importante. È per questo che dobbiamo vincere la battaglia di oggi e quelle che verranno, per dare nuova linfa a una sinistra moderna, popolare, con i piedi per terra e forte della partecipazione dei nostri cittadini.