E’ La vita che si ama il tour teatrale – prodotto da Danilo Mancuso per DM srl – che Roberto Vecchioni porta in scena stasera all’Auditorium parco della musica di Roma, con repliche ad aprile, il 20 a Lamezia Terme, il 26 a Vicenza e il 27 maggio a Genova. La vita che si ama è anche un libro, un album, vivi, dolorosi, con una destinazione finale: la felicità. Arrivarci non è semplice. Scriveva Leonard Cohen che “dietro la tortura c’è l’amore, e se non diventi oceano avrai il mal di mare ogni giorno”. E il senso della felicità che si maschera da dolore “alcuni episodi della tua vita che sembrano negativi, sono la premessa a qualche cosa che diventa positiva. Dobbiamo abituarci a considerare che la felicità non è solo quando si ride o si vince, la felicità è un continuum, è lo scorrere stesso della vita”.

Quel tempo che nello scorrere a tutti fa paura, per il prof. Vecchioni è un tempo verticale: “E’ il tempo che hai nell’anima, perché lì non scorre il tempo, rimane fisso, passato, presente, futuro sono una cosa sola, quando hai la certezza di questo, domi il tempo. Il tempo non è quello che ti fa venire le occhiaie o che ti fa cadere i denti, quello è un tempo di cui non me ne frega niente. Quello che sta nell’anima, quello lo riconosco, si barrica lì dentro e non esce più”. E le canzoni, queste – Canzoni per i figli: “Un padre ricorda, rimugina, si rivede come era allora, agli errori che ha fatto, paragona i suoi figli a tutti i figli del mondo, cerca di capire come migliorare il rapporto, cos’altro posso insegnare, perché in realtà ho insegnato poco però gli ho insegnato i sogni. Sui figli ho scritto da 40 anni, canzoni sconosciute, dimenticate e avevo proprio voglia di riproporle”.

L’amore che occupa questa felicità: “L’amore è il grande consolatore e il grande ingannatore, ha sempre due facce, in generale la passione per qualcosa, il trasporto, quando ci si preoccupa di qualcosa, quello è amore, anzi è ancora più amore quando senti qualcosa di positivo verso l’umanità, verso la gente, però poi viene il momento in cui questo amore non è contraccambiato, allora c’è l’inganno. Bisogna battersi anche per questo, l’amore non può essere sempre contraccambiato, ci sono amori tristi, amori sperduti, e amori invece felici. Sa cosa diceva un grande poeta alla sua donna “signorina mi dia un amore felice grande quanto un amore infelice”.

Di padri e di figli, di presenze continue e assenze imperdonabili come nella struggente e liberatoria – Che c’eri sempre: “E’ un dolore della mia vita ma anche quello ha portato gioia. Mia madre è sempre stata molto attaccata a me, mi ha dato tantissimo, mi ha consolato in momenti difficili, è stata una gran madre ed io non mi sono mai perdonato il fatto che quando è morta non c’ero, l’unica volta che dovevo esserci. L’ho scritta per dire guardate quanto amore si può ricevere nella vita e che quello tra madre e figlio è un rapporto veramente unico. Una sensazione bruttissima e straziante, il passaggio dal vedere ridere e muovere una persona a vederla immobile e bianca”.

Suo padre invece: “Era un pazzo completo, un uomo di un’intelligenza straordinaria, napoletano, grande lavoratore, però la sua vita vera erano le donne, il gioco, l’irresponsabilità. Era un po’ alla Amici Miei, il film di Monicelli, quel tipo di comicità, di presa in giro, non lo fermava nessuno. E aveva dentro di sé un piccolo dramma, ovvero che i figli si dimenticassero di lui, che a lungo andare lui non riuscisse a tenere i figli vicini a sè perché ci adorava e ci chiedeva sempre un sacco di cose difficilissime da fare per vedere se noi rispondevamo si e noi che lo amavamo tanto gli rispondevamo sempre di sì. Non sarebbe stato lo stesso padre se non ci avesse chiesto sempre cose impossibili”.

Appassionato estimatore di L. Cohen al quale ha addirittura intitolato una canzone:  “Penso che a Roma faremmo un omaggio e sicuramente nel bis farò una canzone che si chiama Leonard Cohen e poi penso che scriverò qualcosa su di lui. Credo sarebbe il caso di scriverci un bel libro”.