Stare in apnea è un modo di vedere e di sentire, un leggero slittamento percettivo che restituisce un modo opaco e silenzioso. Sott’acqua, in apnea cambiano le dimensioni, la percezione dello spazio come dei suoni. I corpi si dilatano, perdono la certezza dei loro profili e sconfinano mischiandosi all’acqua, diventano essi stessi oggetti liquidi capaci di rivelare nuove espressioni e inediti pensieri inquieti e silenti.
Dimentica di respirare (Tunué, pp.114, euro 14) è un libro sul silenzio e l’attesa, un racconto lungo scritto con attenta leggerezza da Kereen De Martin Pinter che, dopo l’esordio sorprendente del 2013 – vincitore del Premio Volponi per l’opera prima con il romanzo L’animo leggero (Mondadori) – arriva in libreria nella meritoria collana Romanzi diretta valorosamente da Vanni Santoni.

L’APNEA NASCONDE due lati, quello più evidente dell’ambizione e della sfida fatto di tensione e movimento fisico, di preparazione atletica e di concentrazione. E poi c’è il lato simbolico eppure carnalmente descritto con precisa vividezza da De Martin Pinter: la discesa, l’andare indietro nel tempo verso un passato che sembra non servire a niente, ma che fa parte totalmente e in maniera intrecciata dello sforzo atletico. La discesa è unica e il protagonista Giuliano deve accettare di dominare le proprie pulsioni come le proprie rimozioni. Il percorso è sempre lo stesso, lineare e obbligato.

TUTTO IL RACCONTO è segnato da una dualità a partire da quella tra Giuliano e Maurizio che gli fa da allenatore, una relazione binaria obbligata a ricucirsi in un corpo solo, in un pensiero solo. La discesa e la risalita, l’occhio e l’orecchio, vedere e sentire, tutto si muove e agisce come se fosse esclusivamente pensato, l’azione e il movimento vivono in un tempo diverso dal percepire lo spazio e i suoni, il presente come il passato. Il movimento è infatti la conseguenza in apnea ancora più evidente di una ricerca ossessiva del primato che qui diventa fortemente esistenziale, il primato, il record come il tentativo di ritrovarsi, a decine di metri sott’acqua finalmente con se stesso.

UNA VERA E PROPRIA VITA pensata che l’apnea rende possibile obbligando gli errori e i passi falsi allo zero, una vita in un certo senso ideale, uno stare tra parentesi che diviene fondamentale per ricalibrare i desideri con le loro conseguenze, il presente con il senso di un passato che sorprende come un territorio ignoto, come il buio che fa a scendere sempre più sott’acqua. A ogni metro sceso corrisponde un dolore, una forzatura. Dimentica di respirare si svolge così nell’arco breve di un centinaio di pagine serrate che cadenzano il ritmo stesso dell’impresa che da sportiva si fa sempre più bilancio di una vita passata a perdere il respiro, a tagliare il ritmo agli eventi. Un corpo indolenzito e stretto tra la massa invisibile di un’acqua di mare che mostra ostilità e poi apertura in maniera imprevedibile e alternata. Un romanzo solido e prezioso nella rapidità come nella sua assoluta semplicità mai banale.