Nell’islamofobia spesso imperante nella cultura occidentale dei nostri giorni, che riemerge ciclicamente con ogni occasione, come quella della riconversione in moschea di Ayasofia a Istanbul, si deve salutare con particolare piacere il volume di Massimo Campanini, Maometto. L’inviato di Dio (Salerno editrice, pp. 258, euro 19). Sulla figura del profeta dell’Islam, infatti, continuano a circolare opinioni ignoranti e polemiche senza senso, frutto di una storiografia vecchia, che Campanini analizza all’inizio del suo libro, e più in generale di una pubblicistica di bassissimo livello.

L’AUTORE è un fine conoscitore degli studi occidentali e musulmani in materia, i primi spesso inficiati da apriorismi di segno laicista o cristiano, i secondi da una visione troppo agiografica: la sua proposta «si distingue dalle precedenti perché, rispetto alle biografie della “vecchia” orientalistica è ovviamente aggiornata agli studi più recenti, e inoltre cerca di sottrarsi ai molti pregiudizi e alle molte pre-comprensioni, per lo più inficiate da (qualche volta apertamente dichiarato) eurocentrismo, che la caratterizzavano.

Rispetto alle biografie della “nuova” orientalistica, la mia si prefigge uno sguardo dall’interno, in qualche modo non indifferente, privilegiando cioè il punto di vista autoanalitico della storiografia musulmana classica e contemporanea, e delle fonti primarie». Non è una biografia facile, quella di Muhammad (il titolo riporta il più consueto «Maometto» con scorno dello stesso Campanini, che avrebbe preferito l’originale, rischiando tuttavia che librai e pubblico non lo riconoscessero) come per tutte quelle di personaggi solo parzialmente attestati da fonti certe perché vissuti tanti secoli addietro.

SI PARTE DAL CONTESTO dell’Arabia nel VI secolo, terra di deserti ma anche di città e rotte carovaniere, delle quali oggi si discute l’importanza, ma che comunque vedevano ampia circolazione di idee e credenze differenti. Il monoteismo vi era diffuso, così come il politeismo, e la prima annotazione da fare è che Mohammad si presenta non come l’«inventore» di una nuova religione, ma come il restauratore del monoteismo abramitico, che nella sua predicazione appare come in parte mal compreso da ebrei e cristiani.

Muhammad è dunque il sigillo della profezia, colui chiamato a chiudere la stagione profetica del Vecchio Testamento, perfezionata da Gesù e dal Nuovo, e appunto «sigillata» dall’ultimo dei profeti. Il matrimonio, le visioni, le iniziali difficoltà della diffusione del messaggio sono narrate con maestria da Campanini, sempre attento tuttavia a esplicitare le fonti utilizzate l’interpretazione che viene scelta, in modo che la narrazione non appaia arbitraria o immaginifica.

C’è spazio per la vita fino all’«Egira», il trasferimento nel 622 dalla Mecca alla più favorevole Medina, dove visse per il decennio fino alla morte; e ancora per l’eredità politica, trasmessa al califfato, ossia ai suoi «vicari», la rottura tra sunniti, i «seguaci della tradizione», e gli sciiti del «partito di Ali» suo genero e cugino, un evento che ancora condiziona la vita dell’Islam.

DURANTE IL RACCONTO vi sono approfondimenti del testo coranico e di problemi particolari, a partire da quello della condizione della donna, che qualificano Maometto. L’inviato di Dio come un grande lavoro filologico e storico, che permetterà a quanti lo vogliano di avere una visione priva di preconcetti di un periodo e di eventi fondamentali per comprendere la storia globale, del passato quanto del presente.