Quando nella primavera del 2012 la polizia del Guangdong fece irruzione nella «Villa dei cuori tranquilli», la setta dello «psicoterapista» Qin Mingyuan contava ormai 12 sedi e diverse centinaia di adepti provenienti da Zhengzhou, Shanghai, Changsha e persino Macao. Tutti rapiti dalle parole del grande Maestro che, raggiunta l’illuminazione precipitando da un albero all’età di otto anni, ha affinato gli studi nientemeno che con il mistico indiano Osho per poi dedicare il resto della sua vita a insegnare una forma di Tantra a base di esoterismo e pratiche licenziose, dall’accoppiamento tra confratelli allo scambio delle mogli.

«Si parte dal sesso, e poi una volta trasceso il sesso si può finalmente raggiungere l’orgasmo dell’Universo», predicava Qin, invitando i propri protégés ad eseguire il training liberi dall’ansia e dai vestiti.  Quella di «Villa dei cuori tranquilli» è soltanto una delle tante storie che negli ultimi anni hanno calamitato l’attenzione su un’insolita conversione «spirituale» della Cina urbana. Astrologia, chiromanzia, ipnotismo, meditazione e culti esoterici si sono fatti strada nelle città di prima e seconda fascia, da Pechino a Guangzhou, come panacea per i mali che affliggono la società del benessere. Non a caso a cavalcare la nuova moda è soprattutto la classe media, che oggi conta 225 milioni di membri. Le categorie professionali più permeabili: «colletti bianchi, dipendenti di multinazionali, persone di successo, imprenditori e manager», proprio come recita l’annuncio pubblicitario di una scuola di Tantra. Età media: sotto i 39 anni, se diamo per buona il primo sondaggio completo sulle credenze religiose pubblicato nel 2006. «Molte persone sentono il bisogno di trovare un modo per allentare il peso della loro vita lavorativa e famigliare. Per questo trovano tali pratiche interessanti ed eccitanti», spiegava al Global Times il Cui Lijuan, docente presso la School of Psychology and Cognitive Science della East China Normal University.

In un paese passato alla velocità della luce dal bagno ideologico dei tempi di Mao Zedong al vuoto valoriale dell’«arricchirsi è glorioso» di Deng Xiaoping si avverte sempre più spesso l’esigenza di attingere a una nuova sensibilità «new age», ch’essa sia «made in China» o d’importazione.

In un’intervista rilasciata tempo fa al New York Times, John Osburg, autore di Anxious Wealth: Money and Morality among China’s New Rich, spiegava che in Cina «qualcuno è sinceramente interessato ad un accrescimento spirituale e morale per diventare una persona migliore. Ma esiste anche un aspetto legato alla volontà di rimarcare una distinzione sociale. Se anche l’amante di un signorotto del carbone dello Shanxi può permettersi di comprare qualsiasi cosa, ormai cosa resta da fare per emergere dalla massa? Se non si riesce a differenziarsi rimanendo nel regno dei consumi, tocca cercare altrove».

Ecco che quell’agognata esclusività immateriale la si scova nell’esoterismo, una passione non per tutti, ci ricorda il listino prezzi di Qin Mingyuan: 100mila yuan (15mila euro attuali) per 20 giorni di lezioni presso lo squallido resort incastonato sulla montagna Luofu (altro che «Villa»!); 15mila a seduta per i corsi avanzati in Thailandia.  La componente di classe sfocia non di rado in una competizione che vede danarosi imprenditori fare a gara a chi conquista le grazie del mentore religioso più influente. Succede sempre più spesso con i lama tibetani invitati nei salotti buoni delle megalopoli costiere e adulati con elargizioni generose. Un’offerta per una vita migliore nell’Aldilà, ma anche per assicurarsi che tutto proceda al meglio nell’Aldiqua, business compreso.

Questo non vale solo per il buddhismo. Già da alcuni anni nel sud del paese, a Wenzhou (aka la «Gerusalemme cinese»), «imprenditori cristiani» stanno facendo lo stesso finanziando la costruzione di chiese e sostenendo la comunità locale.

Come spiegava Osburg, spesso le persone che si avvicinano ad un determinato culto sono passate per un periodo di sperimentazione sincretista, mosse da una generica attrazione per il misticismo. Ché praticare il Taoismo non preclude la possibilità di «assaggiare» un po’ di confucianesimo, buddhismo e altre dottrine esoteriche di più dubbia provenienza. Va da sé che la liaison tra spiritualità e potere politico-economico turba non poco il Partito-Stato laico, impegnato in una lotta senza quartiere contro il malcostume e le stravaganze tra la gerarchia comunista.

Ufficialmente la classe dirigente cinese riconosce quattro dottrine (buddhismo, taoismo, confucianesimo e islam) e tollera -talvolta incoraggia a denti stretti- la religione fintanto che aiuta a disciplinare una «società armoniosa». Ma la reprime senza pietà quando minaccia di sfidare il regime.

Dopo il caso della «Villa dei cuori tranquilli», le autorità hanno chiuso almeno altre tre scuole di Tantrayoga oltre ad aver intimato alla Natural Evolution Origin di Shenzhen la sospensione di tutti i corsi.

Nel giugno 2014, all’indomani della brutale uccisione di una donna da parte di alcuni membri della setta fuorilegge del Dio Onnipotente, l’agenzia di stampa statale Xinhua ha rilasciato una lista di 14 culti e religioni ritenuti «malvagi», tra cui spicca la Falun Gong, una pratica basata su esercizi di respirazione combinati all’osservanza dei principi universali di verità, benevolenza e tolleranza.

Molti sono i casi eccellenti che hanno visto noti maestri di qigong intrattenere relazioni poco limpide con alti funzionari e famigliari, dallo zar della sicurezza Zhou Yongkang alle sorelle degli ex presidenti Hu Jintao e Jiang Zemin, fino al capo del Procuratorato Supremo del Popolo passando per l’attore marziale Jeti Li e il fondatore di Alibaba Jack Ma. Storie di mazzette, morti sospette e diffusione di documenti riservati, costate alla leadership cinese il disseppellimento di uno dei peggiori scandali dai tempi del processo alla Banda dei Quattro. Già questo basterebbe a motivare il pugno di ferro che tra maggio e agosto ha portato all’arresto di circa 1000 membri della Chiesa del Dio Onnipotente. Ma c’è di più. Otto delle quattordici sette «diaboliche» snocciolate dalla stampa cinese parrebbero provenire da oltre Muraglia, un fattore che alimenta la retorica nazionalista imperniata sui rischi derivanti dalla degenerazione morale «made in Occidente».

Un concetto che il Quotidiano del Popolo, organo del Partito, si è preso la briga di sintetizzare in una frase inequivocabile: «Gli Usa sono la vera roccaforte e incubatrice dei culti».