Violenza sulle donne: la cosa si fa seria. Task force della ministra Idem in corso, ratifica della Convenzione di Istanbul, passata anche al senato, e anche se mancano 5 ratifiche (devono essere 10 gli Stati europei ratificanti per renderla applicabile), tra non molto i paesi che l’hanno accettata dovranno anche implementarla. A questo si aggiungono, per l’Italia, le Raccomandazioni Onu della Cedaw e della Special Rapporteur, Rashida Manjoo, che hanno dato indicazioni specifiche per contrastare la discriminazione delle donne e il femminicidio.

E quindi cosa manca? Una verifica dell’esistente su tutto il territorio nazionale, e per questo non solo è in corso un’indagine conoscitiva della commissione giustizia alla camera ma è stato presentato ieri al senato un ddl per l’Istituzione di una «commissione parlamentare sul fenomeno dei femminicidi e femminicidi» su iniziativa della vicepresidente Valeria Fedeli (Pd), che in maniera trasversale sta raccogliendo sostegno tra senatori e senatrici, tra cui Finocchiaro (Pd), Petraglia (Sel), De Pietro (M5S), Lanzillotta (Scelta Civica) e Bonfrisco (Pdl). «Ci sono le condizioni in parlamento perché l’implementazione di Istanbul non si riduca solo a un inasprimento di pene – dice Fedeli al manifesto – e spero in una certa trasversalità nel non semplificare il tutto».

È una commissione che prevede un approccio «olistico» per scavare nelle cause strutturali di discriminazione delle donne, e che elaborerà una relazione annuale in cui saranno indicate misure in linea con gli standard internazionali, per un lavoro di supporto alle altre realtà istituzionali con strategie coordinate. Un ddl che parte da una impostazione corretta nel distinguere femmicidio e femminicidio – un errore che si continu a vedere sui giornali – e in cui vengono citate Diana Russel e Marcel Lagarde, che nel 2003 promosse al senato la «Commissione speciale per le indagini sui casi di uccisioni di donne a Ciudad Juarez», e poi alla camera, la «Commissione speciale sul femminicidio».

Senatrice Fedeli in che modo lavorerete?

Faremo un lavoro serio e necessario. Se è vero che la violenza sulle donne ha cause strutturali, la prima cosa è verificare l’applicazione delle leggi esistenti, i vuoti e le inefficienze, e tutto l’apparato culturale che c’è sotto. Solo così possiamo applicare in maniera coerente la Convenzione di Istanbul. Altrimenti è inutile. Istanbul dipende da un monitoraggio effettivo, con una verifica annuale su quello che si fa.

Quanto tempo ci vorrà per capire cosa non funziona?

Questa non è una verifica che si chiude in pochi mesi. Solo una lettura profonda dell’esistente può mettere in atto un cambiamento radicale in tutti gli ambiti.

E da dove si parte?

La prima cosa è il riconoscere la violenza: quando una donna va a denunciare il marito non può essere che sia la donna ad allontanarsi, ma il contrario. La difficoltà delle donne sta nel fatto di non essere protette subito dopo la denuncia.

Perché succede secondo lei?

Per la sottovalutazione del fenomeno. La frase «l’ha uccisa per amore» è una giustificazione enorme. Per questo fossilizzarsi sulle pene significa incamminarsi su un percorso che non risolve. Questo è un paese in cui ancora ci sono denunce per stalking archiviate e dove il sostegno ai centri Antiviolenza è a singhiozzo.

La ministra Idem ha detto che se c’è una commissione d’inchiesta il governo l’appoggia.

Noi stiamo proponendo questa commissione, per sostenere il suo lavoro che è molto complesso. Faremo anche audizioni con tutti i soggetti che lavorano su questo.

Anche se spesso le associazioni sono in contrasto tra loro?

Ho lavorato su stereotipi e norme antidiscriminatorie, sono stata una delle promotrici di «Se non ora quando» e ho partecipato alla Convenzione «No More» contro la violenza sulle donne. Penso che bisogna stare tutte insieme per vincere questa battaglia.

Ma è sicura che le istituzioni ascolteranno la società civile?

Il parlamento deve esserci. La vera arma è la consapevolezza e l’approfondimento su ogni aspetto della discriminazione di genere, e non si può prescindere da questo. Bisogna ridiscutere l’oscuramento delle donne nei libri di testo, di come la scuola può affrontare l’istruzione con principi di genere. Su questo ho presentato anche un’interrogazione parlamentare alla ministra dell’istruzione.

Vuole cambiare i libri?

Come si comunica è importante, usare parole neutre per descrivere il mondo non funziona.

E gli uomini, che posto hanno?

L’elemento violenza è un tema che riguarda anche agli uomini, però le donne sono lo straordinario elemento propulsivo di questo cambiamento.