Nuovi sviluppi, piuttosto clamorosi, nella vicenda degli «scontrinisti», i 22 addetti della Biblioteca nazionale che per una decina di anni hanno lavorato a fronte di un rimborso spese di 400 euro mensili: quest’estate, come spiega Claudio Meloni, della Fp Cgil nazionale, «dopo una ispezione interna, il ministero dei Beni culturali ha trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica».

Al momento dell’ispezione interna, condotta e conclusa nel mese di giugno, gli «scontrinisti» erano già fuori: licenziati – si fa per dire – il 22 maggio e mai più rientrati in Biblioteca. Per diversi anni avevano lavorato grazie all’intermediazione di una associazione a cui erano iscritti, presieduta da un dipendente dello stesso ministero. «Volontari» con rimborso spese, per un part time di 20 ore settimanali, corrisposto a fronte di ricevute fiscali: 400 euro il massimo mensile, gli scontrini spesso venivano anche regalati dai loro familiari o dai colleghi dipendenti della Biblioteca. L’importante era arrivare al fatidico tetto.

Gli ispettori non hanno mai parlato con gli «scontrinisti», né con le Rsu dei bibliotecari, come spiega Meloni della Fp Cgil: «Saputo dell’ispezione, ordinata dopo il clamore mediatico della vicenda, abbiamo chiesto che fossero ascoltati sia i cosiddetti “volontari” che le Rsu interne, ma senza successo».

La Fp Cgil ha quindi chiesto l’accesso agli atti dell’ispezione: «È una prassi normale – spiega Meloni – Scriviamo al segretario generale del ministero, ed entro 30 giorni ci invia gli atti. Ma in questo caso ci ha risposto con una mail, spiegando che non poteva farci avere quelle carte perché erano state trasmesse alla Procura».

Intanto gli «scontrinisti» sono rimasti a spasso, e nella Biblioteca i servizi hanno subito una brusca battuta d’arresto, visto che da semplici «volontari» in realtà svolgevano attività essenziali a mandare avanti i magazzini, le prese, le consultazioni. Il direttore della Biblioteca in prima battuta aveva pensato di affidare il loro lavoro a volontari del Servizio civile, ma poi, un mese fa, come spiega Silvia Simoncini, del Nidil Cgil nazionale, ha deciso di bandire una gara per un appalto di lavoro vero e proprio.

«A questo punto – prosegue Simoncini del Nidil – abbiamo chiesto che si introducesse nel bando una sorta di “clausola sociale”, che permettesse ai lavoratori oggi fuoriusciti di poter essere ripresi da chi si sarà aggiudicato l’appalto».

Assumere gli «scontrinisti» direttamente in Biblioteca, infatti, non è possibile: i dipendenti pubblici devono passare da un concorso. Ma se a vincere l’appalto è un privato, può riprenderli benissimo: il ministero e la Biblioteca in questi anni hanno contratto nei loro confronti un vero e proprio «debito» etico. Potrebbe avvenire ad esempio attraverso la Ales, società in house dei Beni culturali, che già gestisce servizi archeologici e museali.