«E poi che facciamo?» era la domanda più frequente in campagna elettorale, giura Massimo Torelli, uno degli uomini-macchina della lista Tsipras. E così ieri, dopo il risultato acciuffato per un soffio (il 4,03 per cento ovvero 1.108.457 voti) i 73 candidati si sono riuniti a Roma a porte chiuse per abbozzare una prima risposta. Ciascuno, stravotato o poco votato che sia stato, con il suo tesoretto di voti decisivi e indispensabili, visto che l’asticella è stata superata per meno di 8mila schede. Dibattito fitto, intervengono praticamente tutti sull’onda dell’entusiasmo di una campagna elettorale inedita, la sinistra italiana tutta insieme (o quasi) con la cittadinanza attiva e alcuni intellettuali. «Erano anni che aspettavo di farmi questa chiacchierata tutti insieme», attacca mezzo commosso il romano Sandro Medici. Tema dunque come trasformare del cartello elettorale in una ’cosa’ comune, se non già in una ’casa’. Per ora la definizione più in voga è «un processo». «Abbiamo messo insieme le migliori intelligenze del paese, ma adesso apriamo le porte della nostra organizzazione» (Guido Viale).

Ma è una scelta delicata per i partiti che fanno parte della compagnia. In queste ore Sel affronta una discussione interna che esclude l’adesione a una «costituente» di sinistra, almeno per ora. Dall’altra parte Fabio Amato, Prc, invece spinge per «un soggetto politico alternativo al centrosinistra e alle larghe intese» (Paolo Ferrero, il suo segretario, propone «una Syriza italiana» già «in vista delle elezioni»). Raffaella Bolini (Arci) chiede invece «un processo che vada avanti in maniera naturale e orizzontale», che intanto parta dal fatto che i tre eletti a Strasburgo saranno «eletti della lista, non dei partiti o delle culture di provenienza».

Ma intorno proprio a questi tre nomi gira buona parte del futuro della scommessa. Uno degli eletti è scattato nel collegio nord-ovest, dove il capolista Moni Ovadia ha già annunciato che rinuncerà a favore del giornalista Curzio Maltese (che è già al lavoro e già immagina un giornale online della lista). Gli altri due sono scattati al centro e al sud, capolista Barbara Spinelli, che però dall’inizio – persino prima della composizione delle liste – ha annunciato,la sua intenzione di non sedere nell’europarlamento. Al suo posto subentrerebbero due giovani combattenti, già campioni di preferenze: Marco Furfaro (classe 1980) di Sel, e Eleonora Forenza (classe 1976), Prc. Quindi per una fortunata casualità la «terna» – «la troika», è la battuta che circola – sarebbe composta da un nome della società civile e da uno per ciascuno die due partiti aderenti alla lista.

La novità è che Barbara Spinelli ora potrebbe ripensarci e accettare di sedere nell’europarlamento. In un’intervista pubblicata oggi su quotidiano greco Avgy, vicino a Syriza, spiega all’intervistatore Argiris Panagopoulos, a sua volta candidato nella lista italiana: «Ancora non ho deciso, ricevo pressioni dai molti elettori, ho ancora dei dubbi. Di sicuro daremo battaglia a tutti i livelli a fianco di Tsipras nella Sinistra europea». Nodo delicato, peggio se affrontato alla fine di una campagna elettorale in cui si è sostenuto il contrario, non senza qualche difficoltà. Nelle scorse settimane Tsipras ha chiesto a Spinelli di restare in parlamento. E se ne capisce il motivo: la figlia di Altiero Spinelli è un valore aggiunto per le file della sinistra europea, e per Tsipras in questi giorni già impegnato a tessere la tela delle relazioni con le altre forze europarlamentari. A Altiero è dedicata la monumentale ala principale del palazzo di Bruxelles. L’elezione di Barbara ha già scatenato la curiosità dei media e dei parlamentari non italiani. C’è chi le offre un ruolo di prestigio. Per questo il comitato dei garanti della lista «le ha chiesto di accettare l’incarico», spiega Viale.

E però questo ’cambio di verso’, fatto ora, finirebbe per mettere a rischio il delicato equilibro fra partiti e cittadinanza. Spinelli dovrebbe scegliere se favorire il candidato di Sel o quella del Prc; con le inevitabili ripercussioni nei partiti, soprattutto in Sel, dove l’area scettica sul futuro della Tsipras (e sbilanciata verso il dialogo con Renzi) riceverebbe un assist proprio dalla lista. D’altro canto è molto difficile immaginare un futuro per la lista senza Sel, per lo meno un futuro che non sia la riedizione di film già visti a sinistra.
«La scelta è di Barbara», ripetono tutti i candidati, a cui «Barbara» ha inviato una mail in cui spiega le ragioni di questa «ulteriore riflessione». Ma le conseguenze andrebbero ben oltre i nomi degli europarlamentari. Il dossier è stato affidato a sociologo Marco Revelli, portavoce della lista, la decisione arriverà forse già domani.

Intanto la road map del «processo» comincia a prendere forma: la prossima settimana si riuniscono i comitati, entro l’estate l’assemblea nazionale. Ma la pattuglia italiana dovrà andare presto a sedersi sui propri euroscranni: Tsipras sta già dando battaglia contro le larghe intese avvertendo il parlamento di «non approvare presidenti che non abbiano partecipato alla competizione elettorale», in caso contrario «le elezioni che diventerebbero una pantomima». Martedì Nichi Vendola volerà a Bruxelles per incontrare Tsipras, ma anche l’ex candidato Pse Martin Shultz e i neoparlamentari verdi.