ZeroZeroZero aveva all’origine una scommessa: tradurre in formato serie tv il libro di Saviano (Feltrinelli) sull’impero del narcotraffico, dai cartelli sudamericani al resto del mondo, Italia in prima linea, attraverso gli accordi ferrei tra ’ndranghete e mafie varie. Una rete in cui tutti sono coinvolti, politici, imprenditori, poliziotti: «La coca la sta usando chi è seduto accanto a te ora in treno e l’ha presa per svegliarti stamattina … Fa uso di coca chi ti è più vicino …» ineluttabile come il fato delle tragedie greche, soldi e potere, binomio primigenio del mondo.

Eccoci dunque nell’Aspromonte di capre e rifugi raffinatissimi quel binomio di sangue arcaico e nuove tecnologie del crimine già in Anime nere di Munzi. Nel Messico di miliardi e miseria, dei poveracci che tagliano la coca e rischiano la vita, del lusso strafottente delle ville dei narcotrafficanti, quelli in «alto», tra le cene di affari armate come un bunker, l’esercito che combatte i cartelli con gli stessi metodi, avidi di denaro, corrotto e corruttibili, senza scrupoli, e il resto del mondo, «pulito» e raffinato complice nell’iperspazio della finanza.

MA STEFANO SOLLIMA che firma la regia di ZeroZeroZero – otto puntate su Sky Atlantic nel 2020 – di cui al Lido, dove è arrivato anche Saviano, sono stati proposti i primi due episodi, The Shipment e Tampico Skies, è un regista che il «genere» sa usarlo al meglio per decostruirlo con deotur (Soldado) e dall’interno (Gomorra) mantenendo il controllo di stile anche in una produzione globale come questa: set diviso tra America, Europa, Africa su cui si sono alternati Andrea Risebourough (Birdman), Gabriel Byrne, Dane DeHaan, Giuseppe De Domenico, Francesco Colella tra gli altri, e che oltre Sollima ha poi incluso altri due registi «di genere» come Pablo Trapero (con Il clan Leone d’oro alla regia nel 2015) e Janus Metz (Borg McEnroe).
La sua «via della coca» è punteggiata da i riferimenti riconoscibili di un immaginario «popolare» che la regia muove, spiazza, rende mobili, nervosi, funzionali, col gusto di usare ogni codice possibile.

SEGUENDO una storyline – con Sollima hanno lavorato Leonardo Fasoli e Mauricio Katz – di vicende private, scontri familiari, lotte padri-figli, eredità inattese nella trama mondiale del narcotraffico lavora sul fraseggio del ritmo, va avanti e indietro nel tempo., frammenta i punti di vista dispiegando un «prologo»perfetto al viaggio del container di coca in cui le diverse parti coinvolte è un campo di forza nel gioco «reale» del nostro mondo. Dissemina piste, mischia i generi, accumula possibilità e ambizioni: una sfida seriale.