La rete internet russa è meno libera e sempre più «cinesizzata». Il quotidiano Vedomosti ha reso noto, citando una fonte interna a Google Russia, che d’accordo con il Roskomnadzor (l’agenzia statale che controlla le attività sulla rete) il più grande motore di ricerca del mondo ha iniziato la rimozione dal suo sistema i collegamenti a siti sgraditi al governo russo.

Secondo il funzionario di Google Russia sotto la scure della censura finiscono « la propaganda suicida e la pornografia (quest’ultima in modo selettivo), nonché le risorse che pubblicizzano farmaci, il gioco d’azzardo senza licenza, i siti con contenuti piratati» ma anche quelli di peer to peer e i siti politici «estremisti».

Naturalmente questa è la parte più pericolosa della prescrizione perché se per ora sono stati vietati in Russia per lo più siti potenzialmente collegati al radicalismo islamico e ai gruppi dell’estrema destra ucraina, domani il blocco potrebbe toccare il mondo dei difensori dei diritti civili, delle forze democratiche e quelli femministi e Lgbt.

Nei circoli del governo russo da anni si discute come mettere le briglie a Internet visto che – come informa l’agenzia di sondaggi Levada – «la maggioranza dell’opinione pubblica critica del governo e dei giovani si informa più attraverso i social network e Internet che per mezzo della Tv considerata poco attendibile e parziale».

Google aveva già ricevuto una pesante multa nel dicembre del 2018 per non essersi attenuta ai regolamenti sui siti proibiti e il governo aveva persino in progetto di legiferare appositamente su questa materia. Il social Telegram è stato oscurato dall’inizio del 2018 provocando una forte reazione soprattutto giovanile culminata la scorsa primavera con una manifestazione a Mosca a cui parteciparono 20mila persone.