Seguo da tempo la lotta dei lavoratori della Fca, licenziati per avere inscenato un happening di protesta, rappresentando il suicidio per impiccagione di un effige dell’allora a. d. Sergio Marchionne.

La messa in scena voleva denunciare il tragico suicidio di tre operai dell’azienda. Avevano messo fine alle loro vite a causa delle pesantissime e vessatorie condizioni di lavoro. I lavoratori, licenziati per il loro atto “teatrale”considerato lesivo dell’immagine dell’azienda, dopo un lungo e alterno iter processuale, hanno visto confermare il loro licenziamento.
Ma non si sono arresi.

Recentemente hanno ripreso la lotta per i diritti sociali e del lavoro. Due di essi, Mimmo Mignano e Marco Cusano, sono saliti su un campanile esprimendo con quel gesto l’intento di continuare la lotta per ottenere il loro diritto al lavoro e il diritto alla piena libertà di espressione.

L’azione coraggiosa e generosa dei due non è approdata all’obiettivo che si era proposta, ma al tempo stesso non è stata vana. I due operai licenziati e coloro che li hanno sostenuti hanno conseguito una piccola vittoria. La loro protesta non ha potuto essere ignorata dal ministro del lavoro, Luigi Di Maio che ha accettato di incontrarli e, in una serie di incontri successivi, si è convinto a modificare la legge sul reddito di cittadinanza, estendendo la platea dei percettori ad una vasta fascia di disoccupati che ne era esclusa. Ho parlato in questi giorni con Mimmo Mignano.

Mimmo ha riconosciuto il valore di quella piccola vittoria che permetterà a migliaia e migliaia di esclusi di ottenere una minima sussistenza ma mi ha chiarito che non era quello il loro scopo, ovvero il conseguimento dell’occupazione in condizioni di equità e dignità per il riconoscimento dei quali non cesserà di impegnarsi con tutte le sue forze.

E mi ha invitato a riflettere su una delle tante forme di retorica e falsa coscienza che passano in cavalleria ignorate dalla politica nazionale.

Un operaio tedesco della Folkswagwen ha uno stipendio di quasi tremila euro, tre volte maggiore di quello di un operaio della Fca.

Ma non siamo in Europa anche noi? Evidentemente no.

Quando si tratta di diritti e di dignità in Europa a quanto pare ci sono figli e figliastri. Fino a quando non verrà stabilità l’uguaglianza dei cittadini europei, l’Europa – e tutte le sue istituzioni – è nient’altro che un’ anatra zoppa.

C’è una sola risposta alle questioni del lavoro, del precariato, dell’occupazione nel quadro della giustizia sociale: lavorare di meno a parità di stipendio. Il reddito di dignità è un provvedimento accettabile pro tempore come palliativo ma non può diventare un istituto permanente potrebbe generare una massa inerte di consumatori miserabili abbrutiti a cui rifilare merci-ciarpame di risulta.

L’ Europa attraverso l’evoluzione della sua cultura e del suo farsi è approdata da oltre due secoli e pagando altissimi prezzi ad un esito formidabile: l’affermazione dei diritti del cittadino e dei diritti universali, della giustizia sociale, dello stato sociale e dei suoi grandi corollari, la sanità pubblica e gratuita, le assicurazioni sociali.

Queste sono le sue risorse di maggior valore, sono i più preziosi beni che può esportare e mettere a disposizione degli esseri umani in tutto il pianeta. Se tradisce il senso specifico della propria identità, l’Europa è destinata a subire una influenza fagocitante del modello statunitense o di quello cinese. Francamente gli europei possono aspirare a qualcosa di meglio. Le forze migliori del vecchio continente si devono impegnare allo spasimo a smascherare sovranisti e mercatisti per ridare vita al sogno di Ventotene.