Il Segretario di Stato americano Rex Tillerson, nel corso del G7 dei ministri degli Esteri di Lucca, ha scelto un luogo senza dubbio evocativo da cui enunciare la dottrina bellica neo-interventista della Casa Bianca di Washington.

«Questo sarà luogo d’ispirazione per la nostra azione – ha dichiarato Tillerson – Chi commette crimini contro le persone innocenti ovunque nel mondo deve risponderne. Sempre».

Il Sacrario di Sant’Anna di Stazzema, che ricorda la strage nazifascista di 560 civili del 12 agosto 1944, è stato trasformato in questo modo nel teatro da cui mandare in scena la rappresentazione ideologica forse più inquietante dell’amministrazione trumpiana.

La funzione strumentale dell’uso politico della storia non è certamente un fatto nuovo e tuttavia pare assumere oggi un carattere ancor più pericoloso calata com’è in una «crisi della totalità» che investe paradigmi valoriali, istituti ed istituzioni sociali e politiche nonché quelle strutture di costume e di cultura conosciute, praticate e vissute in fasi storiche appena precedenti la nostra.

Entro questa dimensione, che in ultima istanza rappresenta la radice d’origine della nuova fenomenologia dell’estrema destra internazionale in tempi di crisi globale, Tillerson opera in proprio il rovesciamento del senso della Storia.

Il suo intervento segna non solo il ritorno più o meno aggiornato della teoria dei neocon americani dell’Enduring Freedom, sedimentatasi durante l’amministrazione Bush, ma si determina come un fattore di costruzione, nel discorso pubblico internazionale, di un processo d’impianto concettuale atto non più solo a giustificare o legittimare l’intervento bellico della superpotenza statunitense ma a comporre nella società e nell’opinione pubblica una «misura ideologica preventiva» rispetto alla quale si pone la guerra come soluzione naturale delle crisi internazionali, statali o interstatuali.

La guerra viene presentata in questo modo da un lato come uno stato naturale di necessità e dall’altro come unico argine «concreto» al caos, al terrore ed ai crimini contro i civili.

Una distorsione di questa natura del dispositivo comunicativo può poggiare su solide basi nonché plasmare e plasmarsi in sincronia con gli umori profondi e inquieti delle incerte società moderne.

Sant’Anna di Stazzema con la sua drammatica vicenda rappresenta un luogo in cui il rifiuto e la lotta contro la guerra vengono espressi nella più tragica delle forme storiche, politiche, culturali e finanche empatico-visive.

Ma la memoria dell’eccidio compiuto dalle SS naziste e dai fascisti italiani (i «ragazzi di Salò» che nell’occasione si camuffarono in divise tedesche per non farsi riconoscere dagli abitanti della zona) rimarca una distonia ancor più inaccettabile rispetto alle parole di Tillerson.

Il richiamo alla punizione «Sempre» per chi «commette crimini contro le persone innocenti» stride al punto da apparire una beffa atroce in riferimento ad una strage di civili compiuta nell’agosto 1944 e rimasta impunita e senza colpevoli fino alla sentenza definitiva della Cassazione del novembre 2007.

Se si considera poi il fatto che tale impunità venne garantita proprio dalla politica statunitense durante la Guerra Fredda, in chiave anticomunista, e dalla «ragion di Stato» interna italiana, che permise l’occultamento della documentazione sulle stragi nazifasciste passata alla storia come «l’armadio della vergogna», ecco che le parole del Segretario di Stato degli Usa assumono un carattere non solo strumentale ma addirittura provocatorio.

Molti dei responsabili di crimini di guerra tedeschi e italiani divennero, a partire dal 1945, fedeli alleati del blocco occidentale e dell’Alleanza Atlantica ricoprendo incarichi di vertice nei ministeri, all’interno degli apparati di forza e nei servizi segreti.

Nessuno di loro venne punito dunque. Anzi non venne neppure allontanato dalle istituzioni degli Stati democratici, a conferma che non è certo il sentimento di giustizia verso le popolazioni civili a muovere le politiche militari.

Tillerson ha annunciato le prossime guerre dal Parco della Pace di Sant’Anna di Stazzema saldando idealmente le sue parole a quella dottrina continuamente evocata dai fautori dell’interventismo militare: «la guerra giusta».

Il significato della storia tuttavia sembra indicare un senso direzionale esplicitamente opposto che ritroviamo nelle parole del conferimento della medaglia d’oro al valor militare a Sant’Anna di Stazzema.

Lì vengono ricordati insieme i 2.500 partigiani caduti e gli oltre mille civili morti, ovvero tanta parte di quella «gente di Versilia» che con le piaghe della sua storia ha mostrato e mostra la necessità di distinguere l’idea di una guerra «giustamente combattuta» da quella legittimata dalla sua ideologica e teologica «giustezza».