Syriza non ha abbandonato i suoi ideali e i suoi principi di sinistra» ha ribadito Alexis Tsipras, rivolgendosi ai membri del partito  che hanno partecipato alla prima giornata della Conferenza nazionale  organizzata ad Atene per decidere la linea e le priorità della sinistra radicale ellenica. Il leader greco ha chiaritoche non intende cedere ad altri il ruolo ed il privilegio di poter rappresentare «la vera sinistra». «Siamo noi, il governo di Syriza, che abbiamo aperto le porte al referendum, assumendoci rischi e responsabilità. Il no, la sua vittoria, appartiene soprattutto a noi», ha sottolineato con forza. Il messaggio è chiaro: quello su cui insisterà la Coalizione della sinistra radicale ellenica, in questa campagna elettorale, è cercare di porre ciascuno davanti alla realtà, con una alternativa e una domanda molto chiara: «Chi volete che gestisca la trattativa sulla riduzione del debito? Di chi vi fidate?». Non a caso, Tsipras ricorda che i socialisti e il centrodestra hanno sempre ripetuto che il debito greco era gestibile.
Quanto alla sinistra e alla decisione di 25 deputati di Syriza di uscire dal partito e dare vita a Unità Popolare, Tsipras ha chiarito che non intende aprire «una guerra civile a sinistra», anche se «il suo governo è caduto a causa di colpi inferti dall’interno». L’avversario, insomma, rimane la destra, e tutti coloro che hanno appoggiato un sistema politico corrotto e clientelare. Mentre la lotta contro l’austerità non è stata assolutamente archiviata.
Secondo quanto filtra dal quartier generale di Syriza, nelle prossime tre settimane ci si concentrerà principalmente su tre punti: riforma della pubblica amministrazione per renderla più efficiente, ma senza licenziamenti, misure alternative ai tagli che colpirebbero le classi sociali più deboli e proposte dettagliate sulla riduzione o alleggerimento del debito. Tsipras, ovviamente, punta anche sul carisma della sua leadership, nella convinzione che il margine di vantaggio sui conservatori possa aumentare in modo sostanziale, battendosi con forza chi vorrebbe far passare alla storia il governo della sinistra in Grecia come una breve parentesi.
Nella giornata di oggi sono attesi gli interventi di tutto il gruppo dirigente del partito, in modo da permettere a Syriza di trovare spunti e idee per aprirsi nuovamente alla società e «continuare il cammino appena intrapreso», per dirla con le parole del leader greco.
Alla Conferenza nazionale è arrivata una lettera di sostegno a Syriza da parte dei Verdi (già al governo) e pure  il ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos, dato in bilico, ha sciolto la riserva: «Dobbiamo combattere collettivamente la battaglia per superare l’isolamento», ha detto, ricevendo molti applausi dalla platea del mini-congresso. In un intervento a una conferenza organizzata dall’Istituto Levy ad Atene, il vicepremier Yanis Dragasakis (l’economista che ha sostituito Yanis Varoufakis nei negoziati con i creditori prima che questi si dimettesse), ha detto che «il Memorandum dovrebbe essere eliminato, non solo per le sue conseguenze sociali ma perché viola i principi democratici» e che «Syriza è un punto di riferimento in Europa», per questo non sarà sola nella sua battaglia, e che la soluzione non è in un «ripegamento nazionalistico», come vorrebbero i fuoriusciti di Unità popolare. Poi, in un’intervista al Quotidiano dei redattori, ha spiegato che «il programma non sarà solo anti-Memorandum, ma mirerà a combattere la disoccupazione, alla ricostruzione istituzionale dello Stato e a promuovere un diverso modello di produzione».
Le critiche più forti al gruppo dirigente del partito sono arrivate invece dal  cosiddetto «gruppo dei 53», la minoranza di sinistra che sosteneva Tsipras ma contraria alla firma del Memorandum. Il portavoce Panos Lambrou ha cominciato il suo intervento alla Conferenza nazionale  dicendo «non siamo qui per applaudire», ha segnalato il rischio di una «mutazione» della Syriza di governo, ha criticato il precedente governo per alcune cose non fatte, come la «mancata democratizzazione delle forze di polizia», e ha segnato alcune «linee rosse» che la componente interna considera invalicabili: «Nessuna cooperazione con Nea Democratia, Pasok e Potami, non accetteremo l’applicazione di quelle parti del Memorandum che consideriamo offensive, diremo no a un programma in cui non è previsto un piano di disimpegno dall’accordo».
Assenti, naturalmente, i dissidenti confluiti in Unità popolare, che ieri fatto appello a tutte le organizzazioni della sinistra radicale. Parola d’ordine: «Rompere con le politiche neoliberali dell’Ue» e se necessario arrivare a un referendum per chiedere alla popolazione se vuole rimanere nell’euro o tornare alla dracma.