Uribe scende in campo in merito alle affermazioni del Washington Post. Il 22 dicembre, il quotidiano statunitense ha pubblicato un’inchiesta sui fondi segreti del Pentagono erogati al governo colombiano a lato del Plan Colombia: miliardi di dollari in forniture di intelligence e operativi per localizzare e uccidere i dirigenti dell’opposizione armata. Contro la guerriglia marxista delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc) e quella, meno consistente, dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln) sono stati impiegati aerei con bombe intelligenti, debitamente modificate, parte di un arsenale in crescita dal 2000, prima con George W. Bush, poi con Barack Obama. Un potenziale militare che, fra contractor, agenzie di sorveglianza e operativi legati all’ambasciata Usa a Bogotà, nel 2003- 2004 ha superato il livello della presenza nordamericana in Afghanistan. La Cia era di casa, nonostante le disposizioni del Congresso Usa che le vietano l’intervento diretto negli affari interni dell’America latina. L’inchiesta del Post spiega anche gli escamotage giuridici adottati per aggirare il problema negli Usa.

Una non-notizia, secondo Alvaro Uribe, che ha anche chiamato in causa l’apporto della Gran Bretagna. «Ho ringraziato gli Stati uniti quando ci hanno aiutato con la tecnologia d’intelligence per localizzare i narcosequestratori e la Gran Bretagna quando ci ha aiutato con il materiale di controspionaggio», ha detto. In questo modo «sono stati liberati numerosi militari e civili, fra i quali 3 cittadini americani», che si trovavano nelle mani delle Farc. Le operazioni militari – ha però sostenuto Uribe – sono state condotte dai soldati e dalle squadre colombiane. In base all’inchiesta giornalistica, invece, almeno per un primo periodo la Cia ha tenuto per sé i codici di accesso alle bombe «intelligenti», assumendo la responsabilità delle operazioni, che hanno eliminato una ventina di comandanti.

Una sanguinosa operazione è stata compiuta anche in Ecuador nel 2008, e ieri Quito è tornata a esprimere preoccupazione per l’intervento Cia nella regione.

Gli scambi diplomatici pubblicati da Wikileaks durante il Cablogate avevano già portato in luce la richiesta di intervento diretto rivolta dalla Colombia agli Usa e la presenza di esperti militari israeliani. I documenti sottratti da Snowden all’Agenzia per la sicurezza Usa (Nsa) hanno poi mostrato gli intrecci e la penetrazione illegale dell’intelligence nordamericana in America latina. Basi segrete e basi militari Usa (7 quelle di stanza in Colombia) articolano gli scambi incrociati tra partner, pur senza escludere i colpi bassi tra amici. Durante il Datagate, John Negroponte – direttore dell’intelligence nazionale Usa (Dni) tra il 2005 e il 2007, sotto la presidente di George W. Bush, e vicesegretario di Stato fino al 2009 – ha ricordato il patto dei “cinque occhi”. Un accordo segreto tra cinque potenze anglofone che hanno combattuto la Germania nazista – Usa, Regno unito, Canada, australia e Nuova Zelanda – per scambiarsi informazioni di intelligence, siglato durante la Guerra fredda. Un patto che prevede l’incrocio di favori con altri paesi amici.

Per contrastare il vento di sinistra che soffia in gran parte dell’America latina e la presenza in crescita della Cina, gli Usa puntano sugli Accordi del Pacifico con Messico, Perù e Colombia. In termini securitari, Bogotà è per il continente latinoamericano quel che Israele è per gli Usa in Medioriente. E proprio con Israele Bogotà deve ratificare a breve il Trattato di libero commercio, che porterà altre cataste al fuoco del cinquantennale conflitto colombiano. E a marzo del 2014 la Colombia va alle urne. L’ultraliberista Uribe, grande amico dei paramilitari, è candidato al senato e oggi avversario feroce del suo ex ministro della Difesa, anch’egli di destra, l’attuale presidente Manuel Santos. Uribe ha accusato le Farc di obbligare i contadini a votare per Santos. Quest’ultimo si ripresenta ostentando la mano tesa da un anno alla guerriglia nelle trattative in corso all’Avana. Non ha però diminuito le operazioni militari di cui ha parlato il Post. Ieri sono stati uccisi altri 10 guerriglieri, tra questi un altro dirigente delle Farc, “John 26”. «Non è facile continuare le trattative con un governo profondamente reazionario, neoliberista, compromesso fino al midollo con gli interessi delle multinazionali e dell’imperialismo nordamericano, guerrafondaio e oligarchico», hanno scritto i portavoce dei due principali gruppi armati, Farc e Eln. In un comunicato congiunto, i dirigenti hanno però rivolto un appello alla base affinché appoggi l’elezione di «un governo democratico, aperto a nuove prospettive». Le trattative riprendono il 13 gennaio.