Primo dei due titoli italiani presenti nella Berlinale in corso online (l’altro è Lucio di Pietro Marcello), e anche quello che il pubblico italiano può vedere subito  grazie a Fuori orario che lo presenta in anteprima (sabato 6, Raitre dalle 0.05, in una notte a lui dedicata), La veduta luminosa – nella selezione del Forum – è la nuova opera di Fabrizio Ferraro, filmmker molto indipendente nel nostro cinema che da Tetralogia di film-studio sull’amatorialità (2006-2008) ha attraversato i due decenni del nuovo millennio viaggiando assai spesso tra festival internazionali e italiani – dal Torino film festival a quello di Rotterdam o al Fid Marseille – ma sempre a parte rispetto al «sistema» cinematografico (non è il solo naturalmente) per la sua inclassificabilità. A cercare una definizione del suo lavoro si fa fatica, la migliore è forse quella utilizzata da Fuori orario che insieme a La veduta luminosa propone altri due film molto belli di Ferraro, Gli indesiderati d’Europa (2018) tra i Pirenei, la guerra civile in Spagna e Walter Benjamin, e Checkpoint Berlin (2019), vagabondaggio tra est e ovest della città intorno alla memoria del muro – a cui si aggiunge una conversazione tra Ferraro, Roberto Turigliatto e Fulvio Baglini – che bene raccontano la sua ricerca di «Viandante lungo i bordi». Che sono quelli della storia, del fotogramma, di una narrazione e di una forma mai schematizzabile anche a sé stessa, e che a partire da alcune tracce ricorrenti continua a interrogarsi a ogni passaggio.

Così questo La veduta luminosa, in cui un regista dimenticato che si chiama Mr Emmer – sì proprio come Luciano (è Alessandro Carlini) – parte in macchina insieme alla giovane assistente di un produttore, Catarina (Catarina Wallenstein)che con entusiasmo vuole aiutarlo a riprendere un progetto su Hölderlin abbandonato. La meta del viaggio sono i luoghi del poeta tedesco, la Tubinga, quella «terra di dolore» che è il mondo del suo pensiero. Catarina cerca di tracciare una possibile «progetto» per il film, l’uomo invece si sottrae, chiuso nei suoi sussurri, con una improvvisa fuga.

COSA cerca tra i boschi, nella natura che forse ancora racchiude i segni dei conflitti di Hölderlin, o se come lo zoo in cui passeggiano all’inizio della loro «avventura» è solo messinscena impossibile? Ma «la storia» nei film di Ferraro non conta, non in sé almeno, e questo specie oggi quando la forma delle immagini viene sempre più messa da parte a favore di «storie», di «contenuti» assume un senso politico: è questa grana delle immagini che Mr Emmer cerca nel suo deambulare attraverso campi e alberi, restituiti da Ferraro come pitture dell’epoca hölderliniana? Un sentimento del gesto (artistico), l’istante irrepetibile di una luce in cui balenano le parole del suo poeta, i pensieri dispersi tra sogni, fantasmi, follia? E il corpo a corpo con la luce, il tentativo di coglierne i passaggi impercettibili è anche la scommessa (e il desiderio) della macchina da presa.

«Con La veduta luminosa abbiamo affrontato l’Hölderlin che accetta l’assenza di attrazione per il fuoco divino e vede il voltarsi obbligato degli umani per una natura non più casa divina. Noi lo abbiamo odorato e sentito nella foresta: quel qualcosa dall’impossibile comprensione: la vita immediata che sfugge mentre si cerca di contenerla…» dice Ferraro nelle note al film. È dunque questa vita che cerca Mr Emmer, l’epifania di un gesto, l’accadimento che in quel vagare senza apparente meta – e forse solo lì può manifestarsi. Non interessa a lui come a Ferraro «mettere in scena» Hölderlin e la sua epoca con costumi o parrucche ma coglierne il sentimento anche nel presente affidandosi alle parole e alle immagini che ne seguonoil ritmo senza esserne l’illustrazione.

È UN FILM di sussurri La veduta luminosa, di mormorii e di camminamenti (walking cinema) in cui appunto la parola e l’immagine provano a inventare un incontro, a far nascere uno spazio diverso. La vita (l’imprevisto) irrompe sullo schermo – il regista se ne va dalla macchina costringendo la ragazza a camminare con la valigia tra l’erba – e di questa vita il cinema è l’invenzione.