Dalle elezioni vinte da Major nel 1992, i britannici non si recavano in così tanti a votare: 33.6 milioni allora, 32 oggi. Ciò significa il 68,7%, del 2% superiore al 2015. Ha vinto (partiti, candidati, sondaggisti come you gov e survation) chi ha compreso la posta in gioco.

In gioco c’erano proposte in grado di scombinare rituali e ideologie ripetitive. Corbyn, col suo manifesto di cambiamento sociale, è stato il maggiore propulsore partecipativo: il Labour ha la maggioranza dei seggi in cui il ritorno alle urne ha superato il 5% rispetto alle ultime elezioni. Ai tempi di Blair (2001-2007) la partecipazione oscillava fra il 59% e il 65%. Eppure giornalisti scettici sulla evidentissima rimonta laburista, scrivevano che fra le loro fonti c’erano candidati del Labour sicuri che: «Non c’è alcun recupero nostro, e i tories avranno una enorme maggioranza di 80 seggi».

Questi candidati, perlopiù nostalgici blairiani, si erano abituati a un calo di voti assoluti del Labour che, dopo la riconquista del potere del 1997 (13,518,167 voti, al 43,2%) era sceso fino a 9,562,122 voti col Blair del 2005, per risorgere solo coi 12,626,250 voti e 40.3% di oggi. Se ne traggono almeno due principali elementi: 1) smentito è il vecchio credo (confutato dalla miglior scienza politica) che si vince al centro, e che con un (sensato) programma di riforma socialista il Labour scompare.

Al contrario, distinguersi dalla proposta dell’avversario è una premessa per incidere e vincere; 2) il secondo elemento è che, pur non avendo vinto del tutto elettoralmente, si profila un futuro di estesa alleanza sociale intorno al manifesto di nuova regolazione e riforma economica presentato dai laburisti. Vediamo anche qui i dati: delle ultime 600.000 persone registratesi al voto ben 435.000 sono sotto i 35 anni, in cui la maggioranza Labour è stata del 66,4%, in forte crescita sul 43% del 2015. Ma anche se la maggioranza dei Tories fra gli ultracinquantacinquenni è del 59%, vi è parità nella fascia mediana, il che, calcolando che il potenziale di maggiore partecipazione elettorale futura è infinitamente più alto fra i giovani, prospetta un avvenire favorevole al Labour e a Corbyn.

Peraltro, nelle fasce giovani si concentrano i disoccupati, che evidentemente chiedono politiche di rottura, specie contando sulla nuova sovranità democratica di un dopo-Brexit non neoliberale.

Ma il Labour vince e strappa fino all’8% ai conservatori in seggi anche di classe media e medio-alta tradizionalmente tory, dove il remain aveva vinto nettamente nel referendum 2016. E i nazionalisti scozzesi perdono 21 seggi, che sono riconquistati sia dal Labour sia dai Tories, ma con significati opposti: May ha richiamato gli scozzesi aderenti al suo disegno nazionalista pan-britannico, mentre il Labour riconquista gli scozzesi che avevano votato Snp come rifiuto del modello neoliberale di cui l’Inghilterra è stata propulsore globale. Inoltre, qualcosa di simile si è verificato anche fra gli ex elettori Ukip: la svolta di «vecchia destra» della May ha conquistato molti voti nazional-populisti, ma il Labour ha anch’esso ripreso una porzione di essi: quella che si era rivolta alla xenofobia per protesta, o mancanza di altre forme di distinzione tra le elites politiche. Per esempio a Dudley North il Labour ha vinto salendo del 4,7%, battendo di pochissimi voti i conservatori (+15,5%). Ebbene: qui Ukip è crollato di 7000 voti, che palesemente anche il Labour ha riconquistato.

Altro esempio: May puntava a conquistare o mantenere seggi «marginali» con il suo messaggio nazionalista verso gli elettori Ukip, ma dei 43 che ha visitato personalmente il Labour ne ha tenuti la metà, prendendone anzi due ai conservatori. Insomma: oltre allo strategico voto giovanile, Corbyn ha attratto classi medie ansiose se la Brexit si avviene senza investimenti, lavoro, università gratis per i figli, welfare. E poi ha ricominciato a piacere alla classe operaia più arrabbiata. A questa vasta coalizione offre una sovranità britannica dopo-Brexit fatta di riforma del capitalismo, non di orgoglio nazionale alla lunga vacuo ed ansiogeno.