La variante Omicron dimostra come antiche divisioni nord-sud siano ancora forti e come in realtà non ci sia nessun proposito, o politica, intenzionata a smantellare le logiche su cui da secoli l’Occidente stabilisce le sue inique relazioni di potere.

La situazione vista dal Sudafrica infastidisce per due ragioni. Una legata allo sproporzionato allarmismo esploso e alimentato da molti media, Unione europea e governi nazionali occidentali. Il secondo per la continua infantilizzazione del continente, riprodotta persino nei commenti “dalla parte’ dell’Africa. Agli occhi dell’Europa sembra esistere un paese chiamato Africa il quale sembra dovere alla sua colonizzazione una identità nazionale, nonché una storia. Ogni paese africano ha invece la propria storia pre-coloniale, coloniale, post-coloniale e contemporanea, così come le sue proprie diversità che l’Europa non si sforza neppure di considerare. Eppure nel XXI secolo sarebbe ora che l’Europa cominciasse a far pace con la sua perdita di centralità, e iniziasse a osservare il continente non più come un sottomesso, ma come una parte importante della geopolitica globale. E smetta di emettere giudizi che altalenano tra l’interessato e il compassionevole.

Allarmismo. È curioso perché, fino ad alcuni giorni fa, nessuno in Europa – tranne forse alcuni addetti ai lavori – sembrava interessato all’andamento della situazione Covid in Africa. Il dibattito in Italia era troppo impegnato sulla questione terza dose, green pass, super green pass, obbligo vaccinale, bambini si o no, libertà di movimento, manifestazioni no-vax, l’intricata definizione delle diverse anime no-vax. In più la situazione Europea, e il riproporsi insistente dei dati quantitativi riguardanti la pandemia e la divisione del paese in fasce colorate. Mentre nulla si diceva dell’Africa. In Sudafrica, invece, l’onnipresente informazione sulla situazione pandemica Europea veniva presentata di forma piuttosto allarmante. Come effettivamente sembrerebbe essere, se non fosse che ora l’attenzione è concentrata sulla disperazione di chi cerca di abbandonare il Paese il prima possibile. Ma per andare dove?

 

26 novembre 2021, In coda all’aeroporto di Johannesburg (Ap)

 

I dati dei contagi  riportati dall’OMS nelle 24 ore in cui la “variante sudafricana” seminava il panico erano: Regno Unito:  46.654; Germania 76.414; Francia 33.320, Olanda 22.274, Austria 14.330 la più commentata anche qua vista la decisione del drastico lockdown per i non vaccinati, Italia 13.756. Il Sudafrica registrava 2.465 nuovi casi.

Non si tratta di essere negazionisti della variante sudafricana. La rapidità con cui si è diffusa nel Gauteng merita l’attenzione che gli studiosi gli stanno dando (da 700 a 2000 casi in 3 giorni), ma non è la prima volta che varianti appaiono. E sicuramente non sarà l’ultima. E se ha senso essere spaventati, e anche vero che per ora la sola cosa che possiamo fare è aspettare la disponibilità di maggiori dati scientifici. Tale reazione da parte dell’emisfero nord è lo specchio della sua incapacità di affrontare il problema con la oggettività e la freddezza richiesta.

E non si tratta di compassione ma di egualitarismo. Ma del resto non ci si dovrebbe stupire. La forma con cui l’Europa tratta, ormai da anni, la situazione migratoria è inaccettabile. Non solo umanamente, ma anche legalmente. Obbliga a chiedersi quali siano i contenuti rimasti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Invece questo non accade. Se il governo Bolsonaro in Brasile ha dato adito alla libera manifestazione di espressioni razziste da parte della società, lo stesso accade in Italia. E lo stesso sta accadendo in tutta Europa. È grave che la comunità europea non solo non lo questioni radicalmente, ma forse neppure ormai se ne renda conto.

Infantilizzazione.  Esiste inoltre un discorso diffuso secondo il quale la ‘povera Africa’ – questa massa uniforme nera di cui abbiamo paura e compassione – non ha accesso ai vaccini. Per quanto sia legittimo questionare la strategia della somministrazione della terza dose italiana rispetto all’urgenza di vaccinare i cittadini del continente africano è necessario anche riconoscere che il discorso è più complesso di quello che sembra, non solo nella civilizzata Europa. Stiamo parlando del Sudafrica. Appunto, l’Africa è fatta di enormi differenze. Dopo le difficoltà iniziali il paese dispone del vaccino eppure, anche in Sudafrica esiste chi non si vuole vaccinare, per svariate ragioni, molte delle quali pure simili a quelle dei no-vax italiani. Non è un privilegio solo europeo. È importante non ridurre il continente a povero, e quindi sottintendere sempre che sia senza autonomia di pensiero e di azione.

Come in Europa, come in Italia, come in qualsiasi paese del mondo, in Sudafrica le persone fino a pochi giorni fa vivevano la propria estate, con la stessa simile sensazione di onnipotenza. La masking policy è soggettiva, variabile ma tendenzialmente debole. All’entrata di ogni locale si legge no mask-no entry, ma molte delle persone non indossano mascherine. È estate, fa caldo, le persone sono in spazi aperti, il tasso di contagio era bassissimo. Per questo forse una delle prime dichiarazioni pubbliche della Presidenza, in seguito al divieto del Regno Unito, è stato quello di richiamare i cittadini sudafricani alla “disciplina”. Sottintendendo sia il rispetto delle norme sanitarie sia un richiamo alla vaccinazione.

 

 

Il governo spera che questa variante serva a fare accorrere i cittadini riluttanti. Prima ancora del discorso sulla eticità della obbligatorietà del vaccino e i relativi rimandi alla costituzione e salute pubblica – che ha di per sé causato una opposizione al vaccino – è  importante considerare il ruolo della fiducia data al governo. Come in Italia, in Sudafrica i media hanno giocato un ruolo importante nel creare timori e incertezze. Esistono dubbi se i vaccini siano sicuri, perché correttamente conservati o perché donati scaduti dal “primo mondo”. Esiste una mancanza di informazione chiara e accessibile oltre al proliferare di fake news nei social media, causa del maggiore numero di esitanti nella fascia 18-34 anni.

Transparency International ha denunciato inoltre il numero crescente di segnalazioni di corruzione legate alla pandemia di Covid-19. Queste denunce avvengono nell’anno dell’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma per corruzione, fatto che a luglio ha portato il paese a vivere due settimane di drammatici scontri interni come non si registravano dagli anni ’90. Inoltre il primo registro di vaccinazione degli over 60 aveva funzionato molto male creando un certo discredito, e le drastiche misure – si pensi all’uso delle armi da fuoco contro chi aveva infranto il lockdown a Johannesburg o al divieto di vendere alcol e sigarette – non hanno aiutato il rapporto con il governo. Ci sono poi difficoltà di ordine logistico: come le lunghe code ai posti di vaccinazione, la difficoltà di accesso alle strutture, sia per la distanza che il costo di viaggio. E infine esistono le teorie della cospirazione anche in Sudafrica, e le chiese giocano un ruolo importante. Queste sono solo alcune delle ragioni di cui parla il South Africa Covid-19 and Vaccine Social Listening Report di un mese fa. Come ovunque, non esiste un unico pensiero o una unica azione.

 

Rosebank Mall Rooftop Market, Johannesburg (Ap)

 

Ma ciò che preoccupa è il rischio che la denigrazione dell’Africa australe metta in ombra il modo in cui gli scienziati sudafricani stanno affrontando la situazione. È grave che l’Europa scelga di ricorrere al proprio isolamento invece che fare cordata e creare sinergia con lo sforzo sudafricano, contribuendo anche economicamente (ricordando che oggi a 1 euro corrispondono 18.44 rand), per esempio con i tracciamenti interni, ad ora piuttosto scarsi, oppure pensando a finanziamenti di campagne di diffusione di vaccinazioni in aree rurali o l’appoggio a  infrastrutture sanitarie precarie. Cose di cui nessuno, in un eccesso di afro ottimismo, vuole negare la necessità. Il problema attualmente in Sudafrica è la capacità del sistema sanitario di reggere un’eventuale emergenza, a cui si aggiunge la drastica disuguaglianza nel continente in termini di accesso al vaccino.

Mentre il mondo presenta il Sudafrica come isolato, l’Europa, con i suoi muri per mare e per terra, forse non appare meno isolata al continente africano. È una questione di prospettiva. Invece che inutilmente isolarsi l’Europa dovrebbe ammettere la realtà che questo virus sembra essere molto più forte di lei, e che a poco serve scappare da Omicron, perché è ormai con lei, come testimonia il continuo crescere di notizie di casi accertati in vari paese europei. Quindi se non vuole risultare patetica, oltre che razzista, dovrebbe pensare urgentemente a una nuova strategia di collaborazione con il sud del mondo non solo quando riguarda questioni di avanzo dei propri interessi economico finanziari.