È difficile districarsi nel labirinto delle fake news costruite ad arte. A dispetto dell’accattivante «buona scuola», la legge renziana taglia infatti risorse per l’istruzione pubblica. Si denomina job act il provvedimento che precarizza il mondo dei nuovi assunti e fa perdere i diritti a tutti i lavoratori.

IDENTICO MECCANISMO viene applicato al mondo della cultura dove l’azione di disarticolazione dello Stato è stata portata avanti con facili slogan come la «promozione economica» imperniata sui grandi musei o sbandierando un vertiginoso aumento dei visitatori dei musei che non esiste anche perché la rete museale minore versa in gravissime difficoltà con rischio di chiusura per mancanza di risorse.

L’ultimo libro di Vittorio Emiliani (Lo sfascio del belpaese, Solfanelli editore, pp. 200, euro 15) è uno straordinario lavoro di lettura critica, di sistematica demistificazione delle bugie alimentate dalla propaganda ministeriale, di lucida prefigurazione dei danni irreparabili che la cura voluta dal ministro Franceschini produrrà sul sistema dei beni culturali italiano. Del resto, l’autore è uno dei grandi conoscitori del sistema culturale italiano e con il suo Comitato per la Bellezza, uno dei più efficaci divulgatori del pensiero critico rispetto alle politiche dominanti.

LA PRIMA QUALITÀ del volume è quella di aver indagato in modo sistematico sulla controriforma del sistema culturale iniziata con i governi di centro destra e proseguita poi con furore neofita dal centrosinistra, in particolare con il ministro Franceschini. Il libro ha il merito di rendere chiaro che il processo involutivo in atto ha radici antiche.

Ad esempio il meccanismo della Patrimonio spa, la vendita sistematica del patrimonio immobiliare pubblico compreso quello di interesse culturale e vincolato, ha iniziato il suo cammino con i governi Berlusconi – Tremonti ma è proseguito senza alcun ripensamento con i governi tecnici di Monti, con Renzi e ora con Gentiloni. Non mancarono a ogni produzione legislativa personaggi di grande levatura (Chiarante, Settis, Turroni, puntualmente elencati dall’autore) che si mostrarono pronti all’analisi e a svelare volta per volta il disegno che si celava dietro i provvedimenti. Oggi con il volume di Emiliani siamo su un altro crinale: svela tutti i tasselli del disegno controriformista e da questa lettura potrà nascere la auspicabile fase della ripresa progettuale da parte della sinistra e di chi ha a cuore la difesa della struttura dello Stato.

IL LIBRO CONTIENE in tal senso un ulteriore elemento di analisi strutturale. Emiliani infatti non limita soltanto la sua vis polemica all’insieme delle leggi che hanno scardinato la tutela nel nostro paese. L’autore dimostra anche che tale azione ha aggredito lo Stato, dal Ministero al ruolo delle Soprintendenze sempre più prive di personale e sempre più marginali rispetto ai processi in atto. Qui l’autore dimostra la discontinuità tra la cultura dei recenti governi neoliberisti con il passato. Dagli anni ’90 il filo della tutela del paesaggio e dei beni culturali che ha rappresentato un principio indiscusso durante tutte le esperienze di governo liberale del novecento si spezza e la tutela, pur formalmente iscritta (articolo 9) all’interno dei principi generali della Costituzione repubblicana, diventa un impaccio da cui liberarsi al più presto. Qui l’autore affronta un altro impegnativo passaggio analitico. Riprendendo alcuni ragionamenti del grande economista socialista Paolo Leon, Emiliani rintraccia la genesi di questa involuzione culturale nel predominio dell’economia su qualsiasi altro aspetto della realtà, dal destino dei lavoratori alla tutela dell’identità culturale del paese. Aver accettato acriticamente questa primazia economica porta conseguentemente a demolire l’impianto storico della tutela del paesaggio, il grande baluardo che aveva consentito alle popolazioni locali di resistere a speculazioni di ogni sorta.

Questa lettura sistematica della realtà permette infine all’autore di lanciarsi verso l’indicazione delle strade da percorrere per invertire la rotta. L’esigenza è quanto mai urgente poiché le politiche neoliberiste hanno portato a una generale cancellazione dei paesaggi storici e al dilagare della bruttezza.

SONO MATURE dunque le ragioni della svolta. L’autore individua tre linee di pensiero e di azione. La prima riguarda la ricostruzione del corpus legislativo della tutela che abbia la forza di cancellare tutto il sistema delle deroghe fin qui approvate. La seconda azione riguarda la ricostruzione della struttura statale della tutela, invertendo con nuove risorse umane ed economiche la mortificazione del Ministero.
Infine, Emiliani propone di imporre attraverso il rinnovato ruolo dello Stato alle Regioni inadempienti la conclusione dell’iter di redazione e di approvazione dei piani paesaggistici previsti dal Testo unico dei beni culturali. Solo così, ci ricorda, possiamo sperare di risalire la china. Un libro di grande attualità che deve diventare elemento di riflessione e di costruzione programmatica per quella sinistra che vuole interrompere la deriva culturale neoliberista.