Val Tramontina: una località nota agli eruditi in storia della resistenza per essere stata la sede del comando preposto alla difesa della Repubblica Partigiana della Carnia. L’aspro ingresso della valle è stato per qualche mese l’estremo sbarramento della Repubblica a sud, contro la barbarie nazifascista. Era l’estate del 1944, di qua le donne votavano per la primissima volta in un territorio liberato, di là si consumavano le vendette e le atrocità di un regime ormai in rotta.
Lo avrete capito, eravamo e siamo in Friuli, in montagna. Da queste parti i torrenti, i rii, le cascate, le pozze cristalline, le montagne coperte di alberi fin sulle cime arrotondate, il frastuono degli uccelli, le piogge torrenziali ti fanno immaginare il Centroamerica. Questo territorio è un paradiso, anche se economicamente e socialmente depresso come lo sono gran parte delle zone montane rimaste vagamente antropizzate in tutto il Paese. L’isolamento, l’emigrazione, due guerre mondiali, il terremoto del ’76 ne hanno brutalmente falciato l’identità e la demografia in poco meno di settant’anni trasformando questa valle, di fatto, in un dormitorio verso i distretti industriali della pianura.
La mia compagna e io non abbiamo radici qui: siamo immigrati. Quello che ci conforta è che non siamo stati i primi e neppure gli ultimi: ci siamo venuti a vivere undici anni fa in fuga dalla crisi che già si delineava con evidenza all’orizzonte. La nostra casa, autocostruita in molte sue parti determinanti, è autonoma dal punto di vista energetico: legna e sole il mix rinnovabile che abbiamo scelto per rendere più discreta la nostra esistenza e per ripararci dalle speculazioni. Ma le scelte individuali/familiari evidentemente non bastano: il personale deve incontrare il collettivo. Qui abbiamo ricalibrato l’intervento politico sulla mutualità che si può creare in piccole comunità isolate costruendo giorno dopo giorno l’integrazione, con l’umiltà di imparare e ascoltare prima che suggerire e dire.
A Tramonti di Sotto, da quattro anni a questa parte, il sindaco è un metalmeccanico la cui unica tessera è quella Fiom. Il programma della lista civica con cui abbiamo stravinto è improntato sull’ecologismo e l’uso armonioso del territorio. Fotovoltaico sulla scuola, introduzione di led nell’illuminazione pubblica, riqualificazione energetica degli edifici di proprietà comunale, sistemazione della viabilità e approntamento di un piano forestale sui boschi di proprietà comunale, sostegno all’insediamento di nuove attività produttive di qualità attraverso l’adeguamento di spazi pubblici (latteria sociale e forno sociale), collaborazione con l’Azienda socio-sanitaria per l’avvio di percorsi e sperimentazioni di inclusione sociale e servizi di prossimità, trasparenza amministrativa attraverso incontri pubblici, assemblee e bollettino autoprodotto senza sponsor: queste le azioni più significative che stiamo mettendo concretamente in atto.
Credo non si possa fare di più in un minuscolo comune di quattrocento abitanti con pochissimi trasferimenti e rarefatte entrate ma con un territorio vastissimo da gestire. Noi infatti non siamo chiamati a decidere sulle grandi questioni che i governi ci rovesciano comunque addosso direttamente od indirettamente: il nostro recinto è questo ed ogni anno si riduce progressivamente. Di sicuro, dentro al recinto, stiamo praticando il futuro; l’unico futuro che riteniamo possibile e immaginabile per la nostra valle; nel farlo tentiamo di restituirci una rinnovata identità basata sulla stretta reciprocità uomo-territorio e sulla promozione della inclusività sociale a tutti i livelli. Ma anche questo, evidentemente, non basta.
In questi tempi di crisi strutturale i vertici politico-finanziari-industriali stanno trasformando anche i piccoli amministratori locali in boia sociali verso il basso e in liquidatori di patrimonio pubblico verso l’alto. Siamo ancora in tempo, ma la battaglia deve essere ingaggiata ora e si tratta di una nuova forma di resistenza basata su una consapevolezza tutta da ricostruire. Sarà una battaglia paradigmatica, e non è detto che la si vinca. Si tratta di utilizzare ogni anfratto dello Stato democratico per rimettere la museruola al grande capitale. Uno degli strumenti più potenti credo sia il virtuosismo amministrativo che si può generare attraverso la commistione tra movimenti ed enti locali.
In questo senso la nostra traiettoria amministrativa si è incrociata quasi naturalmente con il Forum per i beni comuni e l’economia solidale del Friuli Venezia Giulia, che ha elaborato due interessantissime proposte: una bozza di delibera comunale per la creazione dei Distretti di economia solidale e una proposta di legge regionale volta a sostenere tale processo. Alla base dei Des c’è l’idea di creare e mettere insieme filiere produttive corte in settori vitali come l’agro-alimentare, l’energetico, l’artigianale seguendo il principio della responsabilità sociale d’impresa.
Non abbiamo avuto difficoltà a portare in consiglio comunale la bozza di delibera di indirizzo e approvarla all’unanimità il 6 maggio scorso. Il balzo in avanti: l’autonomia energetica. Questa valle è ancora oggi divisa in due comuni, nonostante la popolazione complessiva sia inferiore al migliaio di persone. Il nostro territorio è vastissimo: se i due comuni fossero uno solo, questo sarebbe il più grande del Friuli Venezia Giulia. Parliamo di 210 kmq con una densità di popolazione “australiana”: circa 4 abitanti per chilometro quadrato.
Il mio ragionamento parte proprio da qui: tanto è vasto il nostro territorio, tanto sono vaste le sue potenzialità inespresse, tanto è ambiziosa (ma percorribile) la nostra visione per il futuro.I punti strategici attorno a cui questa visione sta prendendo forma sono Territorio, Energia, Sostenibilità economica-ambientale, Beni Comuni, Inclusione Sociale, Biodiversità. Quella che si potrebbe incontrare da queste parti tra qualche anno potrebbe essere una valle completamente autonoma dal punto di vista energetico, dove il rilancio di produzioni di qualità e l’ecosostenibilità saranno diventati i punti di forza per una ospitalità più consapevole ma soprattutto ragione di attrattività per nuove famiglie in cerca di una migliore qualità della vita. La montagna ha bisogno di nuovi montanari.
La Val Tramontina dispone di un patrimonio boschivo praticamente inutilizzato. Forse l’unica conseguenza positiva di un secolo di spopolamento progressivo è proprio questo: dove un tempo c’erano pascoli oggi è arrivata la foresta, vasta e lussureggiante. E qui si consuma il primo paradosso della questione: l’assetto proprietario di queste foreste è proprio ciò che ne blocca la possibilità di utilizzazione.
Gran parte delle proprietà sono infatti tanto private quanto “morte”, ossia senza conduzione, senza successioni, spesso senza la presenza fisica dei proprietari sul territorio nazionale. Un riordino, un accorpamento che ne renda economica e sensata la infrastrutturazione è impensabile in queste condizioni. Un esproprio generalizzato risulta impossibile per varie ragioni mentre appare più che sensata la possibilità, da parte del Comune, di gestire e condurre queste proprietà valorizzandole con una corretta utilizzazione. Purtroppo non esiste una legge che permetta di operare in questo senso e stiamo parlando un intervento a costo zero per il legislatore ma che potrebbe rimettere in moto le piccole economie di una infinità di comunità locali.
Una volta rimossi questi ostacoli formali, sarebbe del tutto naturale costruire una filiera corta che assicuri alla popolazione un riscaldamento a km0, sganciato il più possibile dal ciclo degli idrocarburi e ottenuto da fonte rinnovabile. Di più: con le tecnologie di cogenerazione sarebbe possibile ricavare dalla stessa biomassa legnosa non solo energia termica ma anche la preziosissima energia elettrica. Va da sé che maggiore sarà l’impegno per una gestione sostenibile dei boschi, maggiore sarà il grado di manutenzione dei rii e della viabilità (anche sentieristica); maggiore sarà il grado di prevenzione antincendio, minore il grado di dissesto idrogeologico.
Per concludere, vorrei soffermarmi sul fattore determinante di tutto il progetto: l’aspetto finanziario. Senza considerare le cose già realizzate o in fase di realizzazione (solo piccoli ma necessari passi rispetto all’obiettivo finale) serviranno cospicue risorse per avviare il processo nel suo insieme organico e strutturato. Qui si consuma il secondo paradosso della questione: queste risorse finanziarie ci sarebbero già, ma scivolano via a ingrossare i fatturati di una multinazionale. Redona, Selva e Ciul sono tre invasi artificiali realizzati negli anni cinquanta per rifornire di acqua le campagne della pianura e per la produzione idroelettrica. Sono opere che fatturano parecchi milioni di euro all’anno e che sono attualmente date in concessione-rendita alla EDPower (controllata Edison) senza una reale e ragionevole contropartita per i nostri territori ma soprattutto senza che i due comuni abbiano voce in capitolo. L’unico soggetto titolato a redigere i nuovi contratti di concessione è la Regione.
La vera scommessa per la Val Tramontina sarà riuscire a inserirsi “illegittimamente” ma con intelligenza in questa partita chiedendo alla Regione di introdurre nella nuova concessione delle clausole che prevedano linee di finanziamento per il nostro progetto di valle. A ben vedere, nel percorso che abbiamo intrapreso, si incrociano temi, problemi e difficoltà che sono comuni come i beni che dobbiamo difendere e di cui dobbiamo riappropriarci, senza esitazione.
* Assessore all’Ambiente, Politiche Sociali e Attività Produttive del Comune di Tramonti di Sotto (Pordenone)