Con la firma di Sergio Mattarella, il decreto salvabanche entra in Gazzetta Ufficiale a tempo di record. Soprattutto c’è la benedizione dell’Unione europea al meccanismo adottato dal Mef per non far pagare il costo dell’operazione ai clienti Mps di sportello. Lo schema è quello del doppio “swap” (scambio), grazie al quale gli obbligazionisti subordinati retail, cioè i clienti normali della banca, dovrebbero ottenere in cambio dei propri titoli delle obbligazioni senior, quelle sicure. A loro favore la presunzione di innocenza, l’inconsapevolezza di aver acquistato titoli a rischio. Non per caso, sul punto la Ue avverte: le autorità italiane “devono intraprendere azioni concrete per rimuovere le cause prime del misselling (la vendita impropria di titoli ai risparmiatori), in modo da prevenire nuovi casi di condotte simili”.
Il peso del burden sharing, cioè della condivisione degli oneri provocata dalla ricapitalizzazione preventiva statale, ricadrà sugli investitori istituzionali – oltre che sulla collettività visti i 20 miliardi in più di debito pubblico – per i quali la presunzione di innocenza non può esistere. Le loro sub-obbligazioni saranno convertite in azioni, con un robusto abbattimento del loro valore.
“Il meccanismo attivato dal governo utile a Monte dei Paschi – ricordava poi la notte scorsa Pier Carlo Padoan in conferenza stampa – è pensato anche per altre banche, vedremo se ci saranno altri istituti che lo richiederanno”. Succederà con il nuovo anno. Ma tanto è già bastato perché l’agenzia di rating Moody’s tirasse positivamente le somme, guardando all’intero comparto bancario italiano. L’agenzia ha segnalato che il decreto può avere un effetto positivo “per i detentori delle obbligazioni senior e i correntisti delle banche coinvolte”. Inoltre “dovrebbe ridurre anche la probabilità di un contagio alle banche più forti in scia alla risoluzione di una banca debole”.
A differenza di quanto accaduto per Banca Etruria, Banca Marche &c., finite in fallimento, il Monte dei Paschi è ancora solvente, e l’intervento statale si è reso necessario perché la banca non aveva la possibilità di rispondere positivamente entro il 31 dicembre alle richieste di liquidità (i 5 miliardi della fallita ricapitalizzazione di mercato) fatte dalla Bce dopo gli stress test estivi.
Non sono state invece inserite nel decreto le altre misure attese per il settore bancario. A partire dalla proroga di sei mesi del termine entro il quale le banche popolari più grandi hanno l’obbligo di trasformarsi in spa, termine peraltro congelato fino al 12 gennaio dal Consiglio di Stato. Ancora da definire inoltre le misure che non erano passate con la manovra di bilancio, come la possibilità anche per le Bcc di utilizzare le imposte differite (Dta). Via libera invece all’ammortamento in cinque anni delle risorse versate da Unicredit, Intesa San Paolo e Ubi al Fondo di risoluzione, che ha utilizzato 1,6 miliardi per coprire i crack di Etruria & c..