Nel giorno in cui il commissario europeo Jyrki Katainen visita l’Italia, escono dati poco confortanti sulla nostra occupazione. Anche questi, vengono da Bruxelles, e si tratta in particolare del rapporto Ue sull’occupazione. Il dato più negativo per l’Italia è quello che riguarda i posti persi dall’inizio della crisi: a partire dal 2008, sono ben 1,2 milioni.

Rappresenta il secondo dato peggiore in tutta l’Unione europea. La Spagna ha fatto di meglio (si fa per dire), bruciando 3,4 milioni di posti. Male anche la Grecia, che ne ha persi un milione (ma parliamo di poco più di 11 milioni di abitanti, a fronte dei 60 milioni dell’Italia).

Situazione opposta per la Germania, che dal 2008 è riuscita a creare 1,8 milioni di nuovi posti di lavoro, seguita dalla Gran Bretagna, con 0,9 milioni. Quindi, per questi due stati, un trend decisamente positivo.

Ma dati a parte, la Commissione Ue ci ha soprattutto bacchettato (a differenza del commissario Katainen, che questa volta ha voluto mettere in evidenza i lati positivi): facciamo «troppo poco per i giovani».

L’Italia, secondo il rapporto Ue, non investe su istruzione e formazione e non crea le condizioni strutturali per favorire l’occupazione femminile. Bruxelles pone l’accento sulla necessità di investire in capitale umano, soprattutto in quei Paesi, come il nostro, dove la disoccupazione è molto elevata e i giovani con titoli di studio superiore sono ancora troppo pochi.

«Le politiche per affrontare la bassa partecipazione dei giovani al mercato del lavoro sembrano limitate» in Italia, che ha anche «il numero più basso in Europa di laureati tra i 30 e i 34 anni», un fattore che incide sulla disoccupazione giovanile e che «necessita di ulteriori sforzi», spiega il rapporto.

«La situazione economica e dell’occupazione è ancora fragile, ma i Paesi che hanno investito in istruzione e formazione hanno visto il trend dell’occupazione migliorare», ha detto a commento del report la commissaria al Lavoro Marianne Thyssen, che chiede inoltre l’«urgente attuazione delle riforme strutturali», e di «investire nel capitale umano con una migliore istruzione».

Secondo i tecnici di Bruxelles, in Italia l’investimento in formazione è scarso, così come il livello di istruzione terziaria. E i tagli sono diventati «seri» negli ultimi anni, nonostante «i livelli di partenza non fossero elevati».

Andrebbe quindi aumentato l’investimento pubblico, che farebbe da traino a quello privato, come dimostrano gli stessi studi portati ad esempio dal rapporto. Uno dei modi per aiutare l’occupazione è non solo investire in istruzione ma anche creare le «condizioni strutturali», come ad esempio gli asili per far partecipare le donne visto che – stando ai dati Ue – nel 2013 il 47% dei lavoratori scoraggiati erano donne tra i 25 e i 50 anni, la percentuale più elevata d’Europa dopo la Grecia.