La televisione è il medium che più di altri ha utilizzato la digitalizzazione per moltiplicarsi. Mantiene così la propria centralità su informazione e intrattenimento, tra segmentazione di offerta e nuove forme di visione. L’intero comparto è mutato e lo sono i modelli di business. Molte trasformazioni sono gia avvenute e tante altre sono in corso d’opera. Il settore vive una crisi solo apparente: forte dinamico e in crescita, la crisi riguarda gli editori che non hanno pensato ad innovare in tempo, immaginando l’immutabilità o anche solo di poter ritardare quel che non ritarda. Invece non si sono mai viste tante immagini, anche televisive, e non vi è mai stata tanta pubblicità come da quando la rete diffonde video, con anche frammenti di televisione, e comunicati commerciali affollano siti e motori di ricerca.

Tra il 2008 e il 2015 la visione di televisione da televisore è cresciuta da 9,9 a 11,4 milioni, ma la popolazione è cresciuta ancora di più, in realtà quindi il consumo è diminuito. E’ diminuito anche il numero di chi la guarda per un solo minuto (48 milioni di persone secondo Auditel). Ma è aumentato il tempo dedicato alla tv da chi vi dedica tempo. Telespettatori e telespettatrici trascorrono cinque ore e quarantadue minuti esposti a suoni e parole provenienti da un televisore. Ci sono delle ore in cui la presenza di pubblici è molto aumentata. Nell’ultimo decennio tra le 15 e le 18 l’aumento è di oltre due milioni di individui. Di oltre due milioni è l’aumento di persone sedute davanti a un televisore anche tra le ventiquattro e l’una della notte.

Vi sono però donne e uomini che hanno smesso di alimentarsi di tv, sono oltre un 1,4 milioni tra chi ha età compresa tra i 25 ed i 34 anni. Il modo di informarsi e intrattenersi è mutato, ed è cambiata anche la modalità. Tanto da sospettare che la perdita di ascolto sia solo in parte reale. Tra applicazioni, visioni da Pc, Smartphone, Tablets non si esclude che brani e frammenti di tv siano recuperati da device diversi dal televisore. Ma il televisore è sempre più grande, con una sempre più nitida definizione, collegato ad apparati che ne consentono registrazioni immediate e visioni differite. E i televisori stessi sono connessi a Internet, offrendo visioni molto più spettacolari anche delle stesse pagine dei propri social media preferiti, ed è probabile che le Smart tv verranno utilizzate per essere insieme primo e secondo schermo, quello della visione e quello del commento sui social media, Twitter per l’immediatezza e Facebook per una maggior permanenza delle proprie parole alla vista di amiche e amici.

Le Smart tv sono già presenti e hanno un grande futuro, in questo momento sono lo strumento con le maggiori potenzialità di crescita. In Italia negli ultimi mesi le persone che seguono la programmazione televisiva da un televisore connesso a Internet sono cresciute di oltre il 15% e superano i 3 milioni e mezzo.

La distrazione data dal possesso di una tv connessa a Internet influisce sul consumo di televisione, chi dispone di Smart tv segue la programmazione proposta dai canali televisivi per 3 ore e 45 minuti, due ore in meno della media. Due ore di televisione in meno al giorno valgono il 25% del consumo di programmi televisivi, parte di questo 25% è dedicato al televisore ma non alla televisione. Su tempo e modalità di visione influisce infatti l’età. L’età media della popolazione televisiva Smart è di 41 anni, contro i 53 del popolo della tv e i 56 anni di età media delle reti generaliste.

Le due condizioni, tempi e modi, sono collegate, più si è giovani meno si guarda la televisione più si cercano alternative, e va bene anche il televisore connesso. Nell’85% dei casi il televisore connesso a Internet è collocato in soggiorno, stanza dove del resto è collocata la maggioranza dei tv set superiori ai 40 pollici. Collocazione che implica maggior libertà di movimento, spazi più ampi per collegamenti a consolle, Home video e videogiochi.

L’editore più seguito dagli smart consumatori connessi è Mediaset, al secondo posto non troviamo la Rai, ma la piattaforma Sky. Preoccupa il ritardo del servizio pubblico. Un servizio pubblico che ha da rigenerarsi e ricostituirsi su basi sociali ed economiche, che deve agire non più pensando a reti separate ma a piattaforme interconnesse, che deve progettare il suo essere pubblico ridisegnando il proprio ruolo e sforzandosi di ridurre la distanza che lo separa dai cittadini e recuperare la credibilità smarrita.

Dieci anni fa Auditel monitorava sette reti nazionali, oggi 197, l’offerta televisiva si è moltiplicata, ma si sono moltiplicate soprattutto le alternative alla televisione, che difende e mantiene il suo ruolo centrale, ma fa sempre più fatica a recuperare risorse dal mercato pubblicitario. Che davvero il capitalismo di relazione sia finito, o si avvii alla fine, lo si nota anche dall’enorme crescita costante delle nuove forme di pianificazione pubblicitaria, che sotto il nome cornice di Programmatic offre possibilità di pianificazione in tempo reale e all’asta. Con il Real Time Bidding, l’investitore pubblicitario sa chi sta comprando, sta comprando persone interessate alla tipologia di prodotto che lui vende. Non compra testate o reti televisive, compra chi nelle proprie navigazioni ha digitato le parole chiave che lo legheranno a chi quei prodotti vende. Il digitale significa fine, o quasi, delle intermediazioni relazionali, sono le macchine che comprano, vendono e collocano i comunicati commerciali, c’è solo da esercitare un click per Ok il prezzo è giusto. Con queste metodiche le relazioni storiche del mondo della pubblicità potrebbero svanire, e comunque certo verranno ridotte e lo sono già. Il mondo dell’informazione e dell’intrattenimento digitale è già video, è già programmatic, la televisione come sistema non corre molti rischi, i rischi li corrono gli editori fermi alla contemplazione di sé.