Missione tunisina per la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, la seconda in meno di un mese. Dopo la visita del 16 luglio, ieri è volata di nuovo a Tunisi dove è stata ricevuta dal presidente Kais Saied e dal premier incaricato, Hichem Mechichi. Al centro degli incontri il tema migranti e aiuti economici: lo stato nordafricano è il primo paese di provenienza degli sbarchi illegali in Italia, superando il 35% del totale. Da gennaio 2020 al 26 luglio sono stati 12.228 i migranti approdati, in 4.354 hanno dichiarato di essere tunisini e ulteriori 883 sono partiti da quelle coste. La Tunisia è uno dei pochi stati con cui l’Italia ha un accordo di rimpatrio che, tuttavia, funziona a rilento e l’accelerazione non è dietro l’angolo, vista la situazione altamente instabile che sta vivendo il paese. Saied, appena due giorni prima dell’incontro con Lamorgese, ha nominato premier Mechichi, dopo le dimissioni del predecessore Elyes Fakhfakh. Entro un mese la formazione del nuovo governo che dovrà avere la fiducia del parlamento, altrimenti ci saranno le elezioni.

LA FUGA DALLA TUNISIA si intreccia con l’instabilità politica e la crisi economica, con la recessione aggravata dall’emergenza Covid-19 (si stima un calo del Pil di circa 7 punti) e il timore che in autunno potrebbero esserci 200mila disoccupati in più. Ma a destabilizzare il quadro c’è anche il conflitto in corso nella vicina Libia: Saied ha accusato «alcuni partiti politici» di ordire un «complotto straniero», un messaggio che sembra riferirsi alla formazione islamica Ennahda, vicina ai Fratelli musulmani al potere in Turchia, grandi protettori del Governo di accordo nazionale di Fayez al Serraj.

Al termine dell’incontro, ieri, Saied ha detto chiaramente che i flussi si fermano solo con il sostegno economico: «È necessario unire gli sforzi della comunità internazionale per individuare un nuovo approccio contro l’immigrazione illegale – la dichiarazione ufficiale -. Le soluzioni della sicurezza non sono sufficienti a contrastare il traffico di esseri umani. È innanzitutto una questione umanitaria. Consentire la sopravvivenza dei migranti nei loro paesi è una responsabilità collettiva e la soluzione risiede nella cooperazione».

DAL LATO ITALIANO delle dichiarazioni ufficiali, sono state ribadite «le solide relazioni bilaterali» e «l’intenzione di sostenere investimenti per accelerare la ripresa economica in Tunisia». Ma, è il messaggio, bisogna che il paese fermi le partenze: «Specialmente con il Covid-19 – prosegue la nota – questi flussi incontrollati creano problemi di sicurezza sanitaria che si riverberano sulle comunità locali interessate dai centri di accoglienza, dai quali i migranti tunisini cercano di allontanarsi in ogni modo prima del termine della quarantena». Per bloccare gli arrivi l’Italia offre pieno supporto «nell’attività di sorveglianza delle imbarcazioni dei trafficanti». Saied avrebbe offerto rassicurazioni sui controlli alle frontiere marittime e «lo svolgimento regolare delle operazioni settimanali di rimpatrio dall’Italia», riprese dopo il lockdown. Strette di mano e sorrisi ma l’instabilità della regione e la crisi economica restano nodi irrisolti.

La pandemia ha provocato la chiusura delle infrastrutture turistiche: Hammamet, Sfax, Cartagine, Djerba, Tunisi, gli europei in vacanza sono spariti. Tutti quelli che lavoravano nel comparto sono senza impiego e vanno via. L’Italia ha promesso di accelerare i progetti avviati da Farnesina, Viminale, Mise, Mit e si è impegnata a fare la voce grossa in Ue per spingere nuovi programmi di sviluppo. D’altro canto, in Italia pure non c’è lavoro. Sui rimpatri, tema a cui il Viminale tiene molto, c’è l’impegno a intensificarli ma sarà tema per il prossimo governo tunisino.

INTERE FAMIGLIE approdano in Italia, portandosi dietro anche gli animali di casa. Ieri a Lampedusa sono arrivati due gruppi dalla Tunisia: il primo, di 11 persone, era su un barchino intercettato al largo, il secondo di 7 è arrivato sulla costa. Sul primo c’erano tre donne, una aveva il bagaglio e il suo barboncino. «Sono già stata in Italia per 15 anni in Italia – ha spiegato -. Abbiamo comprato una barca. Ognuno ha dato un poco di soldi e abbiamo guidato fin qui». Dal lato tunisino, invece, si recuperavano i cadaveri. Il corpo di un uomo di 54 anni è stato portato a terra dalle autorità ieri: la barca su cui viaggiava è affondata a 7 miglia della costa di Hassi El Jerbi a Zarzis. A bordo erano in 12, solo in 7 sono stati salvati.

LAMORGESE HA POI CHIAMATO il governatore siciliano Musumeci. Dopo la fuga dal Cara di Caltanissetta (139 i migranti rintracciati su 184), altro esodo di massa ieri a Porto Empedocle: nella tensostruttura della Protezione civile nel porto dell’agrigentino c’erano circa 520 migranti, contro i 100 previsti. Nelle immagini diffuse sui social si vedono decine di persone scappare verso la statale 640. Nel pomeriggio li hanno rintracciati quasi tutti. «La struttura è senza finestre – aveva avvisato la sindaca Ida Carmina -. È un forno, rischiano il soffocamento. Non ci sono le condizioni igienico-sanitarie». Lamorgese si è impegnata a trasferire 520 migranti da Lampedusa e Porto Empedocle, a inviare l’esercito per sorvegliare i centri e una nave per la quarantena.