Forzando in modo provocatorio il paragone, diremmo che siamo al Cile ma senza Allende. Parliamo dello sciopero generale annunciato da tutte le organizzazioni sindacali delle forze dell’ordine, esercito e (non sono la stessa cosa) vigili del fuoco. È un «pronunciamento» storico, ma non è un levantamiento che prelude a un golpe. Infatti l’iniziativa inedita delle varie categorie in uniforme è un’accusa al governo e al presidente del Consiglio per i provvedimenti che bloccano rinnovi contrattuali e aumenti di stipendio. E questo perché, motiva la ministra della Funzione Pubblica Madia, «ci sono tanti disoccupati che non hanno salario» ma soprattutto perché «la spesa deve soddisfare gli 80 euro», l’elargizione, la regalia del premier.

Così si rivela, da fonte governativa, a cosa servano davvero gli 80 euro: a bloccare ogni richiesta legittima, a procrastinare ogni aspettativa basata sui diritti delle persone contrattualizzate, e alla fine ad insidiare la possibilità che esistano l’organizzazione sindacale e i contratti collettivi. Perché? Ma perché c’è il princeps che pensa a concedere ai governati quel che crede opportuno e necessario e, naturalmente, utile alla continuazione del suo potere. Renzi non rappresenta certo come Allende all’inizio degli anni Settanta in Cile, una sinistra al governo impegnata a rimettere in discussione i privilegi dei ricchi e potenti, dell’alta borghesia e delle multinazionali. Governa con la destra da piccolo amministratore di condomini che ad ogni palazzo recita una versione diversa.
Adesso perfino il Sole24Ore s’accorge che gli 80 euro altro non sono che una netta decurtazione di salario. Quindi la protesta è sacrosanta e legittima, anche se è bene ricordare che gli statali variamente intesi non sono tra i lavoratori più colpiti dalla crisi.

Basta chiedersi come vivano gli operai con gli 80 euro in tasca, mentre aspettano un rinnovo contrattuale rimandato di anni, quelli che perdono il posto di lavoro, chi finisce in cassa integrazione, chi è disoccupato, chi è pensionato. E tutti i lavoratori italiani che vedranno cancellate le garanzie dello Statuto dei lavoratori, «rimodulate» dall’alto. Intanto gli 80 euro, virtuosi anche per l’Unione europea perché utili a distrarre dalle responsabilità della crisi economica, cominciano ad essere interpretati come una aggressione. Con una complicità di pochi spiccioli e centesimi, accreditano le chiacchiere di un presidente del Consiglio che si vuole «redistributivo» e «rivoluzionario»: ma la sola rivoluzione è affermare se stesso, ovunque, come uno Zelig o Renzelig se preferite. Così bisognoso di principi d’autorità da cancellare il Senato eletto dai cittadini perché produce ceto politico – ma Renzi a che ceto appartiene? – in cambio di una sessione condominiale di nominati e immuni.

Tuttavia la protesta dei lavoratori dello Stato – preferiamo chiamarli così – presenta una contraddizione. Da una parte usa, come i metalmeccanici, la minaccia dello «sciopero generale» e denuncia, all’avanguardia, l’elemosina degli 80 euro; dall’altra chiama subito in campo la destra politica, anche estrema e razzista, che considera polizia, carabinieri e militari, storicamente parte del proprio blocco sociale di riferimento. Così i giornali padronali della destra populista mettono in copertina le foto dei due Marò idealmente alla guida della rivolta delle uniformi.

Renzi si allarma per i «ricatti» all’esecutivo e qualcuno teme per le istituzioni democratiche. Ma il «pronunciamento» sarà pericoloso, ricattatorio e contrario alla democrazia (ma gli ultimi governi italiani non hanno forse lavorato in modo bipartisan a demolire la Costituzione nata dalla Resistenza?), se la protesta degli statali resterà isolata e se servirà solo a un «ripensamento» governativo ad hoc, come pare. Fatto apposta solo per le forze dell’ordine. Aprendo così una differenziazione e un rapporto diretto, quello sì golpista, tra esecutivo e Forza militare – il cui lavoro è anche l’ordine (v. i fatti di Napoli), la repressione e la guerra. Se al contrario, contro l’imbroglio degli 80 euro che si sostituiscono ai diritti, insieme alla «truppa blu» si alzasse la protesta di tutti i lavoratori italiani a cominciare dalle «tute blu», allora potrebbe essere un nuovo inizio.