Truffa ai danni dello stato, falso e disastro ambientale, 21 gli indagati dal pm della procura di Napoli Stefania Buda per la bonifica di Bagnoli, che in realtà non sarebbe mai avvenuta. Ieri mattina sono finiti sotto sequestro preventivo gli ex complessi industriali Italsider ed Eternit, ma anche la colmata a mare, il pontile che veniva usato per il carico e scarico merci, di cui da anni si attende la rimozione. La custodia giudiziaria dell’area è stata affidata a Omero Ambrogi, ex magistrato e dal 2012 presidente di Bagnolifutura spa, la società di trasformazione urbana che avrebbe dovuto bonificare i suoli, fornirli di infrastrutture primarie e venderli.

[do action=”citazione”]Disastro ambientale. Indagati ex dirigenti, un funzionario del ministero e anche il presidente di America’s Cup Napoli[/do]

L’indagine è scatta dopo la denuncia di una donna ammalata di tumore e poi morta. La procura ipotizza che fino al 2011 ci sia stato un accordo tra il dipartimento del ministero dell’Ambiente, le autorità della Stu (la società di trasformazione urbana) e quelle delle enti locali, che avrebbero dovuto controllare i lavori. L’indagine coinvolge Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente, Carlo Borgomeo (dg di Bagnolifutura dal 2002 al 2007), Mario Hubler (dg della Stu dal 2007 al 2012, attualmente alla guida della società che gestisce la Coppa America a Napoli), gli ex vicesindaci partenopei e poi presidenti della Stu Sabatino Santangelo (2006) e Rocco Papa (2006-2010), Alfonso Di Nardo (al vertice Arpac dal 2005 al 2010) e la De Vizia Transfer, società incaricata dal ministero della rimozione degli inquinanti.

Circa 107 milioni di euro sono stati bruciati per niente: «L’interscambio dei ruoli tra controllori e controllati – scrivono gli aggiunti Francesco Greco e Nunzio Fragliasso – e il conflitto di interessi degli enti pubblici hanno determinato il progressivo scadimento degli obiettivi di bonifica e dei controlli ambientali, cagionando in tal modo un disastro ambientale». Il sistema funzionava così: il ministero affidava la bonifica alla De Vizia e la Bagnolifutura vigilava sui lavori attraverso le analisi effettuate dal laboratorio interno, il Centro Campano Tecnologie e Ambiente, una società consortile nata nel 2004 per supportare l’Arpac e la Stu: il 51,32% dalla regione, il 23,68% da Bagnolifutura, e poi quote residuali della stessa Arpac e dall’Autorità Portuale di Napoli, che avrebbe dovuto occuparsi della rimozione della colmata.

La bonificata è ferma dal 2010 al 65% (circa il 50% certificato). Ma i carabinieri del Noe nel 2009 avevano scoperto presunte irregolarità nel trattamento e nello smaltimento dei rifiuti (in particolare dell’amianto) da parte della De Vizia (ipotizzando anche il coinvolgimento dei clan casertani) e il cattivo funzionamento dell’impianto di soil washing attraverso cui si eliminano gli inquinanti.
Ieri un nuovo tassello: nell’area del costruendo Parco dello Sport c’è stato l’interramento di rifiuti industriali, coperto con false certificazioni. Nelle intercettazioni si legge: «Sembrano pietre perché sono piene di terra attorno… Abbiamo aperto, stanno le morchie dentro… Abbiamo già avvisato la direzione. Loro ci hanno detto non ci sono riporti. Non scriviamo niente, facciamo pure scaricare». Si tratta di residui gommosi della lavorazione di petrolio che, accanto a residui della lavorazione dei metalli inquinati da idrocarburi, sono stati mescolati al terreno e sotterrati. Un’attività che ha aumentato il livello di contaminazione, una volta localizzata a macchia di leopardo, adesso spalmate su tutta la zona. Ancora nelle intercettazioni: «Ci sono tre certificati del Ccta falsi… Mi hanno portato tre certificati che prima hanno fatto risultare morchie, poi hanno fatto risultare terreni».

Secondo la procura il ministro dell’Ambiente sarebbe stato per anni indotto in errore «con artifizi e raggiri». Ad esempio il dirigente responsabile dell’area ambientale della provincia avrebbe omesso «di disporre l’effettuazione di verifiche sullo strato di terreno superficiale» accettando anche «le inadeguate procedure di controllo propedeutiche al rilascio della certificazione di avvenuta bonifica».

Ma a rendere il quartiere pericoloso ci sono altri elementi. «Nell’area – spiega Giovanni Sannino, segretario generale della FilleaCgil – la bonifica dell’amianto è giunta solo al 50% a causa dell’esaurimento dei fondi. Nel sottosuolo Eternit sono state trovate scorie 10 volte superiori a quelle previste da Bagnolifutura». L’area è sotto sequestro da un anno con il materiale chiuso in sacchi ma comunque esposto alle intemperie. E poi c’è la colmata: il governo Monti ha tagliato 50 dei 98 milioni stanziati per la bonifica dei fondali e la sua rimozione. Cosa c’è dentro ce lo racconta la commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti: «È costituita da scorie e loppe d’altoforno derivanti dalle lavorazioni dell’ex Ilva-Eternit di Bagnoli».

Nel provvedimento della procura ci sono anche le prescrizioni a tutela della salute dei cittadini, con un progetto di bonifica dettagliato persino nella tempistica. Nero su bianco anche la rimozione della colmata. L’amministrazione chiede lo sblocco dei fondi a un governo però in dismissione.