In vista del voto finale del 30 ottobre al senato, le associazioni ambientaliste continuano la loro battaglia contro il decreto «Sblocca Italia», chiedendo in particolare l’abrogazione dell’articolo 38. Alla camera c’è stata sì qualche modifica, ma secondo Legambiente e Wwf il provvedimento continua a dare «carta bianca agli appetiti dei petrolieri di un’Italia trasformata in colonia per le trivelle». Da qui l’invito rivolto alle regioni per impugnare l’articolo davanti alla Corte Costituzionale.

La giunta regionale della Puglia ha già dato mandato all’Avvocatura regionale di verificare questa possibilità. Che lo «Sblocca Italia» minacci anche il delicato ecosistema mediterraneo e vada cambiato lo sostiene anche l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che propone l’istituzione di zone no limits alle trivelle. La mobilitazione delle ultime settimane (ad esempio la campagna «Blocca lo Sblocca Italia», sul portale qualenergia.it) ha ottenuto timide correzioni al testo, come l’inserimento della procedura di «Valutazione di Impatto Ambientale ordinaria» (Via) e l’obbligo per gli operatori di dimostrare prima la propria capacità tecnica e finanziaria di rimediare a eventuali disastri ambientali.

Non basta. Ad ora, con la scusa delle «infrastrutture strategiche», l’articolo 38 autorizza procedure semplificate e accelerate per trivellare ovunque e comunque.