Sembra un po’ essere l’anno di Osamu Tezuka, in gennaio si è celebrato l’anniversario del debutto televisivo della sua creazione più famosa, Atom Boy, mentre pochi giorni fa sono usciti nel Regno Unito due lungometraggi animati molto importanti. Si tratta di A Thousand and One Nights (1969) e Cleopatra (1970), distribuiti in DVD e Blu-ray dalla Third Window Films, opere che formano i primi due capitoli della cosiddetta trilogia Animerama, prodotta dalla Mushi Production di Tezuka. Il primo lungometraggio fu un successo al botteghino, ma ciò nonostante non fruttò molto alla casa di produzione e la situazione precipitò con il terzo, Belladonna of Sadness (1973), di cui avevamo già scritto su questa rubrica tempo fa, il più sperimentale dei tre che portò al fallimento della compagnia che Tezuka aveva già abbandonato due anni prima.

Questa uscita è importante perché riporta al centro della discussione cinefila due lavori, che seppur con molti difetti, restano ancora oggi delle opere ricche di suggestioni e dotate di una forza visiva davvero unica. La trilogia fu ideata come una sorta di negativo della maggior parte dei lavori di Tezuka, i suoi manga e serie animate solitamente erano più indirizzati verso un pubblico di giovanissimi.

Ricchi di riferimenti e scene erotiche, ma non spinte e mai volgari, i due film in questione sono un patchwork visivo e di stili, Eiichi Yamamoto, regista di entrambi, Cleopatra con la collaborazione dello stesso Tezuka, infatti mette insieme live action, scene di animazione astratta, e personaggi dalle fattezze tondeggianti e quasi gommose, con uno stile che varia, come spesso nei manga del grande artista giapponese, dal tragico al grottesco ed al comico nell’arco di pochi secondi. Sono proprio queste caratteristiche a risultare abbastanza datate, e spesso non funzionano, specialmente in Cleopatra, dove a rendere il tutto ancora più sfasato c’è un’idea della metanarrazione, tre persone provenienti dal futuro ritornano nel passato per testimoniare l’epoca di Cesare e Cleopatra, realizzata in tecnica mista, il corpo dei tre è cinema dal vivo mentre le loro teste sono animate. A compensare una certa pochezza narrativa ci pensa però la ricchezza visiva e l’incredibile capacità inventiva di Yamamoto e Tezuka, che specialmente in alcune scene di A Thousand and One Nights, essendo il primo film il budget era ancora alto, davvero esprimono tutto il potenziale del genere animato.

Filtri gialli si alternano e blu e rossi, fermi immagini a cinetiche scene slapstick, con il culmine nella parte centrale del film, la narrazione riprende le vicende del libro omonimo, quando il protagonista arriva nell’isola delle sirene. Qui Yamamoto e Tezuka si lasciano andare in sperimentazioni di forme e colori, quando rappresentano in maniera astratta un’orgia tra il ragazzo e le sirene-serpenti che abitano l’isola, i corpi diventano fluidi e si incastrano e piegano a vicenda in un incomprensibile amplesso barocco, quasi dei quadri surrealisti in movimento, difatti queste scene sono dichiaratamente ispirate ai disegni di Hans Bellmer. Questo gusto spinto per la sperimentazione e per un diverso modo di intendere l’animazione, verrà ripreso da Tezuka negli anni ottanta, verso la fine della sua carriera, in alcuni cortometraggi come Jumping o Push ad esempio. I due film hanno a tutt’oggi quasi assunto uno status di cult fra gli appassionati, più che un profondo racconto dove la narrazione tocca temi importanti e universali, si tratta di un divertimento per gli occhi e di un’esperienza visiva unica da godere nella sua bizzarria.

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